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Non c’è connessione idraulica tra gli acquiferi superficiale e profondo sull’area amiatina

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Presentate le conclusioni dell’indagine isotopica sui fluidi geotermici dell’Amiata condotta dall’Università di Firenze per conto della Regione Toscana

Fonte: GeotermiaNews

Autore: Redazione

La Regione Toscana ha pubblicato sul sito, nel portale Energia, il lavoro affidato all’università di Firenze in merito ad un’indagine isotopica sui fluidi geotermici dell’Amiata effettuata per poter disporre di un ulteriore elemento di valutazione sulla presunta interferenza tra le falde profonde e quelle superficiali.

L’indagine era stata suggerita, dato che tale tipo di indagine non era stata condotta in precedenza, dal presidente dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Enzo Boschi, cui la Regione si era rivolta per chiedere una giudizio sugli studi effettuati all’acquifero amiatino.

L’indagine isotopica sulle acque sotterranee rappresenta, invece, a detta degli esperti, un importante strumento per definire le potenziali aree di ricarica e gli eventuali processi di mescolamento fra falde di varia natura e quindi, nel caso specifico dell’Amiata, i rapporti fra il sistema profondo e quello superficiale.

Il lavoro, condotto dall’università di Firenze che già sta lavorando per la Regione Toscana sul progetto MacGeo, è giunta alla conclusione che << la connessione idraulica tra gli acquiferi superficiale e profondo risulta essere trascurabile se non addirittura assente>>.

Per arrivare a queste conclusioni il gruppo di lavoro ha prima raccolto e analizzato i dati reperiti mediante ricerche bibliografiche e, successivamente, attraverso uno studio geochimico di dettaglio condotto su campioni prelevati, nel periodo compreso tra gennaio-marzo 2009, in 61 manifestazioni emergenti (tra sorgenti termominerali, sorgenti fredde, acque di pozzi ed acque superficiali) prevalentemente intorno al vulcano, e più propriamente, al contatto tra le vulcaniti e le rocce sedimentarie. Su questi il gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze della Terra di Firenze ha poi svolto analisi geochimiche per definire la composizione e le caratteristiche delle specie disciolte, sia inorganiche che organiche presenti in sorgenti termo- ed oligo-minerali.

I risultati sono poi stati confrontati con quelli ottenuti nel precedente studio dell’Università di Siena (AA.VV., 2008) anche se il confronto è stato possibile solo con una parte delle specie in soluzione, dato che quella condotta dall’Università di Firenze è un’indagine geochimica più di dettaglio che ha permesso l’acquisizione di dati originali provenienti da zone di emissioni fluide, campionati ed analizzati su siti selezionati ad hoc nell’area amiatina.

Sono state inoltre determinate le concentrazioni dei principali gas disciolti e, per fornire ulteriori dati utili a definire la provenienza delle acque, sono state eseguite anche analisi sugli isotopi presenti sia in fase liquida (Ossigeno, Idrogeno, Carbonio) che gassosa (anidride carbonica).

A seguito delle analisi condotte, sia geochimiche (inorganiche ed organiche) che isotopiche, sulle fasi acquose e gassose e sulle principali sorgenti fredde e termominerali emergenti nell’area amiatina è emerso che <<il sistema idrotermale di Bagni San Filippo è caratterizzato dall’assenza di una copertura impermeabile che fa si che questo sia direttamente connesso con la superficie.>> Le acque che lo caratterizzano sono di origine meteorica e vanno ad alimentare un circuito profondo che va ad interagire con rocce le cui caratteristiche conferiscono alle sorgenti dell’area una tipica composizione solfato-calcica cui se ne aggiunge una associata al serbatoio carbonatico che le ospita. Su questo processo di interazione acqua-roccia se ne sovrappone poi uno di fase gassosa a prevalenza di CO2 che trova la sua massima espressione nelle manifestazioni gassose in prossimità di Pietrineri.

Mentre l’indagine isotopica porta a concludere che possa essere considerato poco più che trascurabile un contributo più profondo.

Riguardo alle sorgenti fredde studiate, distribuite su di una area concentrica rispetto all’apparato vulcanico, risultano prodotte da processi di interazione acqua-roccia riconducibile ad una circolazione superficiale dentro le vulcaniti fratturate e le formazioni sedimentarie circostanti.

L’utilizzo dei numerosi traccianti geochimici (inorganici, organici ed isotopici) utilizzati nell’indagine, si legge nel rapporto, <<suggerisce che il contributo dei fluidi profondi sia riconoscibile nelle acque termominerali del sistema idrotermale di Bagni San Filippo e in quelle aree in cui la risalita dei gas è favorita, mentre il sistema idrico sotterraneo superficiale non risulterebbe “contaminato” da quello geotermico profondo. I due sistemi sono infatti separati dalle Unità Liguri, le quali, essendo a bassa permeabilità, agiscono da barriera tra il sistema superficiale e quello profondo. Dunque la connessione idraulica tra gli acquiferi superficiale e profondo risulta essere trascurabile se non addirittura assente.>>

L’ulteriore elemento a sostegno di queste conclusioni è il fatto che la composizione isotopica delle acque analizzate non denotano alcuna influenza da parte dei serbatoi geotermali amiatini.>>

Conclusioni dunque simili a quelle derivate in base ad altri parametri geochimici ottenute da Minissale et al. (1997) e Frondini et al. (2009) <<i quali evidenziano come la cappa impermeabile delle Liguridi funga da isolante fra il sistema profondo e quello superficiale.>>

Il rapporto segnala che l’ulteriore sviluppo possibile delle osservazioni ottenute <<potrebbe essere quello di selezionare dei siti di riferimento sui quali svolgere un’attività di monitoraggio geochimico ed isotopico.>>

Questi siti, che dovrebbero essere concordati con le autorità locali e regionali e scelti in base agli studi pregressi, <<dovrebbero tenere conto del raggio di influenza dell’estrazione della risorsa geotermica da parte di ENEL, della tipologia di emergenza (pozzi e sorgenti) e delle caratteristiche geochimiche ed isotopiche di base.>>. Una ulteriore indagine, quindi, che secondo il gruppo di lavoro, dovrebbe riguardare anche alcuni pozzi geotermici relativi al serbatoio profondo e a quello più superficiale da analizzare su base periodica cui affiancare in seguito un monitoraggio in continuo per determinati parametri geochimici su di un numero ristretto di siti. 

In questo modo potrebbero essere ricavati <<valori di fondo della componente “superficiale” e di quella “geotermica” da cui evincere (calcolare) eventuali processi di mescolamento.>>