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L’Islanda si appresta ad esportare il surplus di energia elettrica prodotta con la geotermia e la Grecia si avvia ad esplorare il proprio potenziale geotermico

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L’Islanda per raggiungere questo obiettivo sta studiando la fattibilità di realizzare il cavo più lungo al mondo e la Grecia ha annunciato l’apertura di una gara internazionale per l’assegnazione dei diritti ad esplorare il potenziale geotermico della zona mineraria pubblica

Fonte: GeotermiaNews

Autore: Redazione

L’energia geotermica in Islanda non è solo la principale fonte di energia elettrica e di calore del paese, ma muove il settore del turismo (portando l’isola ad essere per il 2011 la quarta meta più ambita in Europa), muove il settore legato alle terapie termali (e quindi alla salute e al benessere), muove le industrie pesanti fornendo elettricità, e non solo.

Come aveva avuto modo di dire il presidente Olafur Ragnar Grimsson «la utilizziamo anche per scopi didattici».

Adesso, per provare a contrastare la crisi economica che ha messo in seria difficoltà l’Islanda, il governo di Reykjavik ha pensato di esportare all’estero ciò che già rappresenta una fortuna per l’isola, ovvero la geotermia. Il paese scandinavo che basa la sua esistenza energetico-climatica sul naturale equilibrio tra l’acqua calda di profondità e l’atmosfera glaciale esterna, ricava dalla geotermia una quantità di energia elettrica che risulta in eccesso rispetto al fabbisogno interno.

Spinto, forse, anche dalla crisi economica, che con il crollo delle due banche principali (Landsbanki e Glitnir) e le difficoltà della Kaupthing Bank ha subito un tracollo finanziario, il governo islandese ha pensato quindi di portare questo surplus di energia prodotta tramite la geotermia sulla terraferma della vecchia Europa, un’idea che secondo alcuni tecnici del settore potrebbe significare introiti pari al 10% del Pil islandese.

Ma come esportare questa energia? L’idea – spiegata in questi giorni dal ministro dell’Industria Katrin Juliusdottir – consiste nel realizzare un cavo elettrico che sarebbe il più lungo mai realizzato al mondo e che partendo dall’isola scandinava dovrebbe raggiungere un’altra isola: la Gran Bretagna, e più in dettaglio, la Scozia.

E’, infatti, in corso uno studio di fattibilità da parte dell’azienda statale Landsvirkjun per costruire un cavo di alimentazione di ben 727 miglia (oltre 1.000 Km) in grado di portare in Scozia una quantità di energia tra idroelettrica e geotermica pari a 18TWh. Parte dell’energia deriverebbe anche dallo sfruttamento dell’attività geotermica del vulcano Eyjafjöll, divenuto famoso lo scorso anno per le eruzioni di ceneri che indussero per diversi giorni alla paralisi del traffico aereo in molti paesi dell’Europa centro-settentrionale.

Il progetto avrebbe un costo di attuazione previsto di 2,1 miliardi di dollari e potrebbe farne tornare nelle casse statali almeno la metà dalla vendita dell’energia esportata, oltre a comportare numerose sfide da affrontare a livello tecnologico. Il Ministro dell’Industria Katrin Juliusdottir ha affermato che il progetto gode del pieno sostegno del governo.

«Gli islandesi convivono con terremoti e attività vulcanica, ma il vantaggio è che ora siamo in grado di monetizzare questa energia» ha detto Valdimar Armann, economista e manager della società che sta studiando la fattibilità del progetto. Armann stima, che le esportazioni annuali di energia pulita potrebbe raggiungere circa un decimo del PIL nazionale: ipotesi quanto mai interessante qualora si verificasse possibile da realizzare.

Ma non è questa l’unica sfida tecnologica intrapresa dall’Islanda in campo geotermico : dopo aver sfruttato acqua calda e vapore prodotto dalle rocce vulcaniche già da anni ha varato un programma l’Iceland Deep Drilling Project (IDDP) organizzato dalle tre più importanti compagnie energetiche dell’isola, per valutare la valenza economica della produzione geotermica in condizioni critiche.

Anche la Grecia, evidentemente mossa anch’essa dalla morsa della crisi economica che l’ha messa in ginocchio, ha rotto gli indugi che sino ad ora avevano frenato l’opportunità dell’uso geotermico per la produzione di energia elettrica e ha annunciato in questi giorni l’apertura di una gara internazionale per l’assegnazione dei diritti ad esplorare il potenziale geotermico della zona mineraria pubblica.

La Grecia è nel Mediterraneo assieme a Italia e Turchia un paese ricco di risorse geotermiche ad alta entalpia che però non ha mai sfruttato. Nonostante, infatti, l’Istituto di Geologia ed Esplorazione minerale (IGME) del paese ellenico abbia accertato l’esistenza di 30 campi geotermici sul territorio – due dei quali sufficienti a raggiungere almeno 250 MW di potenza – il governo non ha mai sino ad ora intrapreso la strada della produzione di energia elettrica sfruttando queste potenzialità tra le energie rinnovabili.

Nei giorni scorsi, invece, il Ministero dell’ambiente, energia e cambiamento climatico greco ha cambiato regime, annunciando l’apertura di una gara internazionale per assegnare i diritti di esplorazione del potenziale geotermico in quattro zone minerarie pubbliche.

Le quattro aree al centro dell’offerta pubblica riguardano l’isola di Samotracia, l’isola di Chios centrale e meridionale, il delta del fiume Evros e il delta del fiume Nestos. Chi si aggiudicherà la gara (la dead line è fissata per il 16 marzo 2011) acquisirà il diritto ad esplorare il potenziale geotermico per un periodo di 5 anni con un’opzione per la proroga unilaterale da parte del locatario di due anni supplementari.