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Il 2013 ha segnato il record negativo di emissioni “La Terra brucia come 3 milioni di anni fa”

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L’anno nero dell’ambiente che ci riporta alla preistoria

Fonte: La Repubblica

Autore: ANTONIO CIANCIULLO

LA concentrazione di CO2 in atmosfera ha raggiunto il livello di 3 milioni di anni fa: stiamo tornando ai tempi del pliocene, un periodo in cui la tigre dai denti a sciabola si trovava perfettamente a suo agio, la temperatura era di 2 o 3 gradi superiore a quella attuale e il livello dei mari era più alto di 25 metri. A trascinarci verso il passato è la crescita dei gas serra che continua a ritmo sempre più veloce, nonostante gli appelli degli scienziati a ridurre i consumi dei combustibili fossili, principali responsabili del caos climatico. La denuncia è contenuta nell’ultimo rapporto della Wmo, l’Organizzazione meteorologica mondiale: il Greenhouse gas bulletin .
«Sappiamo senza alcun dubbio che il clima sta cambiando, che il nostro meteo sta diventando più estremo a causa di attività umane come la combustione di fossili», ricorda Michel Jarraud, segretario della World meteorological organization. «E le leggi della fisica non sono negoziabili. Le emissioni di CO2 passate, presenti e future avranno un impatto cumulativo sia sul riscaldamento globale che sull’acidificazione dei mari perché l’anidride carbonica rimane in atmosfera per molte centinaia di anni e nell’oceano ancora più a lungo. Il tempo per reagire sta scadendo».
Dunque tutti i gas serra che continuano a essere sparati in cielo per colpa dei ritardi nel piano di riconversione energetica globale continueranno a far danni per secoli. Danni che non si misurano solo nell’atmosfera ma anche negli oceani che finora hanno rappresentato una spugna in grado di assorbire una buona parte della CO2 emessa.
Adesso, spiega il bollettino della World Meteorological Organization, questa possibilità di mitigazione delle emissioni serra sta venendo meno a causa dell’acidificazione degli oceani che viaggia al tasso di crescita più alto degli ultimi 300 milioni di anni. La capacità dei mari di assorbire l’anidride carbonica è diminuita del 30 per cento rispetto all’epoca preindustriale e si rischia di perdere un altro 20 per cento entro la fine del secolo. Inoltre in un mare più acido coralli, alghe, molluschi faranno più fatica a costruire i loro gusci o scheletri e una moria diffusa costituirebbe un altro elemento di squilibrio nel ciclo del carbonio, un’altra accelerazione nella corsa verso il passato.
Meno capacità di assorbire la CO2 da parte della biosfera e più emissioni serra: sotto questa doppia spinta la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera cresce a un ritmo più veloce del previsto. Era a 280 parti per milione in epoca preindustriale. A quota 316 nel 1959, quando si cominciò a organizzare la raccolta dati durante l’intero anno. A 396 come media attuale riportata dal Greenhouse gas bulletin , anche se già nel maggio 2013 nell’osservatorio di Mauna Loa, nelle Hawaii, è stato registrato il superamento del tetto delle 400 parti per milione.
Questa accelerazione del dissesto atmosferico è la vera novità del rapporto, il dato che rilancia l’allarme. L’aumento atmosferico della CO2 dal 2012 al 2013 è stato di 2,9 parti per milione, il maggior incremento negli ultimi 30 anni. Mentre prima la crescita era di circa una parte per milione per anno adesso siamo a un valore tre volte superiore. Calcolando che l’ultimo rapporto Ipcc fissava la barriera da non superare attorno a quota 420 parti per milione si calcola facilmente il ritardo della politica. Il piano globale per la messa in sicurezza dell’atmosfera dovrebbe scattare nel 2020. L’anno in cui bisognerebbe aver già incassato i risultati.