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Geotermia, ecco quali materie prime strategiche è possibile ricavare dai fluidi italiani

Si tratta di litio, ma anche di altri minerali come cobalto, zirconio, manganese, magnesio: tutti materiali fondamentali nelle tecnologie per la transizione energetica

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Si tratta di litio, ma anche di altri minerali come cobalto, zirconio, manganese, magnesio: tutti materiali fondamentali nelle tecnologie per la transizione energetica


La geotermia può rappresentare una chiave di volta per la transizione ecologica del nostro Paese, non “solo” sul fronte della produzione energetica – sia elettrica sia termica – ma anche su quello dell’approvvigionamento di materie prime strategiche.

Un tema su cui la Ricerca di Sistema (RdS), finanziata da tutti noi mediante il pagamento in bolletta della componente tariffaria A5, è alacremente al lavoro, come spiega il nuovo approfondimento di Res Magazine, promosso dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali (CSEA).

«Il tema della geotermia, pur non rientrando negli ultimi piani triennali della Ricerca di Sistema con progetti specifici, è trattato da decenni nei programmi di Rse, che ha mantenuto un presidio con le sue attività di ricerca coprendo l’intera filiera geotermica, dall’alta e media entalpia fino alla bassa-bassissima entalpia», spiega Nunzia Bernardo, geologa per la società Ricerca sul Sistema Energetico (RSE), controllata dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e dunque dal Governo Nazionale.

«Nel 2019 abbiamo dato inizio a questo approccio un po’ più ‘minerario’ verso la geotermia, con l’analisi dei fluidi geotermici per il recupero di materie prime strategiche», dettaglia Bernardo.

Le brine geotermiche, spiega la geologa su Res Magazine, sono acque calde ricche in sali (dal cloruro di sodio a solfati, magnesio e litio sotto forma di cloruro, solfato o carbonato disciolto nell’acqua). In genere si trovano in aree in cui è presente un’anomalia geotermica positiva (come le aree vulcaniche): l’arricchimento in minerali è un processo geochimico naturale che avviene in quanto il fluido caldo percola in profondità per milioni di anni e, a contatto con la roccia serbatoio che ha una sua composizione chimica, liscivia e si arricchisce di determinati minerali.

«L’obiettivo della ricerca di RSE è individuare il chimismo associato a questi fluidi sul territorio italiano, per poter mappare il potenziale e supportare una diversificazione degli approvvigionamenti italiani di minerali strategici, come il litio, ma anche di altri minerali come cobalto, zirconio, manganese, magnesio, materiali di cui si prevede una domanda in crescita esponenziale perché fondamentali nelle tecnologie per la transizione energetica. Il processo di recupero di questi fluidi portati in superficie è previsto a valle, o come prodotto-sottoprodotto della produzione di energia elettrica, e quindi si inquadra in un’ottica di approvvigionamento sostenibile di materie prime», sottolinea Bernardo.

A che punto siamo dunque?

A livello mondiale questa attività «si sta diffondendo rapidamente e sta assumendo un ruolo importante nel settore minerario tant’è che molte compagnie, tradizionalmente minerarie, si stanno attivando per avviare questa modalità sostenibile di recupero di materie prime», mentre in Italia siamo ancora agli albori del processo. Nell’ambito della Ricerca di sistema, le attività che verranno eseguite nel triennio di ricerca in corso prevedono «di analizzare sperimentalmente i fluidi geotermici e di conoscere le loro potenzialità a determinate temperature e la composizione chimica prevalente per diversi settori italiani. Essendo in una fase preliminare di indagine, per il momento la nostra ricerca sarà condotta a livello nazionale», chiosa Bernardo.