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Con gli Stati Generali la geotermia torna protagonista dell’agenda energetica nazionale

Torsello (CoSviG): «I gestori delle reti di teleriscaldamento possono diventare i soggetti animatori di Comunità energetiche rinnovabili»

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Torsello (CoSviG): «I gestori delle reti di teleriscaldamento possono diventare i soggetti animatori di Comunità energetiche rinnovabili»


Roma ha ospitato nei giorni scorsi gli Stati Generali della Geotermia, un appuntamento che è stato fondamentale per fare il punto sullo sviluppo di questa fonte rinnovabile in Italia, il Paese che oltre due secoli fa ha dato per primo al mondo i natali alle tecnologie geotermiche.

L’appuntamento è stato organizzato dalla Piattaforma Geotermia – di cui fa parte anche CoSviG, il Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche –, coordinata dal Consiglio Nazionale dei Geologi, e ha riunito nella capitale tutti i principali stakeholder di settore, da quelli istituzionali agli enti ricerca fino alle imprese.

Sottolineando una prospettiva comune, fondamentale per fare squadra al di là delle diverse sensibilità: il calore naturalmente presente nel sottosuolo rappresenta una risorsa rinnovabile, in grado di garantire un approvvigionamento di energia programmabile e flessibile – fondamentale dunque per integrarsi con le fonti dipendenti dalle condizioni meteorologiche, come eolico e solare –, coltivabile in modo sicuro e sostenibile grazie alle migliori tecnologie disponibili.

Tecnologie che presto torneranno ad essere incentivate per produrre energia elettrica da geotermia, con il decreto FER2 atteso ormai da tre anni.

Ad aprire i lavori degli Stati generali è stato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che ha confermato – dopo quanto anticipato in Parlamento nei giorni scorsi – come il decreto sia alle battute finali: i prossimi step prima del via libera definitivo prevedono un passaggio in Conferenza unificata Stato-Regioni, e infine la notifica alla Commissione europea.

Una scelta in linea con le evidenze maturate sul tema dalla comunità scientifica: gli interventi tenuti agli Stati generali dal CNR e dell’Unione Geotermica Italiana (UGI) hanno ampiamente sottolineato la sostenibilità ambientale della coltivazione geotermica nel nostro Paese, sostanzialmente confermando gli elementi già emersi nel recente workshop nazionale organizzato dall’Università degli studi La Sapienza (e prima ancora a Larderello).

Perché allora questo lungo stallo?

«C’è un problema di ricerca, formazione e comunicazione sulla geotermia – ha spiegato Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) – Manca da parte nostra la capacità di comunicare l’importanza sociale della geotermia, di essere proattivi nell’interesse pubblico: dobbiamo far capire che quello che facciamo è coltivare la geotermia, non sfruttamento. Il convitato di pietra sono i tanti comitati sfavorevoli a qualsiasi forma di coltivazione: il nostro compito a fare una comunicazione scientificamente aggiornata, comunicare l’importanza e la sostenibilità della geotermia, che se usata bene non genera né terremoti né inquinamento».

Un tema approfondito anche da Fiorenzo Fumanti – esperto di geologia dell’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, intervenuto in vece della dg ISPRA – che ha spiegato come l’opposizione dei comitati contro la geotermia sia in genere frutto della disinformazione, visto che i dati condivisi dalla comunità scientifica non mostrano criticità: secondo quelli riportati dall’Agenzia Europea dell’Ambiente e riferiti al 2018, in Europa «l’uso della geotermia per la produzione di elettricità e calore permette di evitare annualmente l’emissione in atmosfera di 2 mln di ton di CO2, il consumo di 700mila ton di combustibili fossili, tagliare 1.000 ton di NOx, 700 ton di anidride solforosa, 400 ton di polveri sottili. Sono numeri importanti, che esprimono bene quale sia la potenzialità dell’energia geotermica nella mitigazione dell’inquinamento atmosferico, che solo in Italia fa 65mila morti all’anno».

In Toscana in particolare «le emissioni di inquinanti dalle centrali geotermiche sono costantemente monitorate da ARPAT e sotto limiti di legge; nuovi studi sulle emissioni climalternanti mostrano inoltre che centrali geotermiche sono a emissioni zero, e anzi riducono il flusso naturale di gas serra».

Lo sviluppo sostenibile legato a questa risorsa in Toscana, in particolare, è stato oggetto dell’intervento di Loredana Torsello, dirigente del CoSviG, che ha messo in evidenza come uno dei nuovi strumenti per aumentare le possibilità di valorizzazione della risorsa, soprattutto della sua parte termica, potrebbe ora arrivare dalle Comunità energetiche come messo recentemente in evidenza a Radicondoli (SI).

Una soluzione che potrebbe essere particolarmente proficua per i Comuni geotermici della Toscana, che – come gran parte delle aree interne rurali in Italia – sono di fronte alla sfida delle spopolamento: qui sono attivi ben 9 sistemi di teleriscaldamento geotermico, infrastrutture che richiedono un grande investimento iniziale ma che sono chiamate a fare i conti con un basso numero di utenti, dispersi su di un territorio relativamente ampio ma a bassa densità demografica.

«Se riesco a metterli insieme all’interno di una microrete, supero più agilmente le problematiche legate all’investimento iniziale nel teleriscaldamento tradizionale – ha osservato Torsello – La Comunità energetica in un’ottica di autogestione, che utilizza cascami termici come quelli delle centrali geotermiche (se ci sono) oppure che impiega il calore del sottosuolo tramite una pompa di calore di dimensioni ragguardevoli, finisce per essere una soluzione da esplorare».

Non solo: le Comunità energetiche potrebbero offrire risposte utili anche a quei territori dove non è più necessario l’investimento iniziale nel teleriscaldamento, ma dove è invece necessario far fonte ai costi di gestione – in primis quelli legati all’elettricità per il pompaggio e la circolazione delle acque nella rete –, che nel tempo rischiano di minare la sostenibilità economica dell’infrastruttura.

«I gestori delle reti di teleriscaldamento possono diventare i soggetti animatori di Comunità energetiche rinnovabili, in quanto utilizzatori dell’energia elettrica che la comunità scambia – ha concluso Torsello – l’aspetto interessante è il rapporto biunivoco, col soggetto gestore che domanda energia elettrica e cede calore».

La registrazione integrale dell’evento è disponibile qui: