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Rinnovabili. Le reazioni al «quinto conto» varato dal Governo

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I tagli ai bonus soddisfano gli energivori

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Matteo Meneghello

L’industria energivora italiana, cioè i grandi consumatori di kilowatt produttori di acciaio, vetro, carta e cemento, salutano con soddisfazione i «tagli» previsti dal Quinto conto energia, ora in rampa di lancio dopo le firme sul decreto, nei giorni scorsi, da parte dei ministri dello Sviluppo Corrado Passera, dell’Ambiente Corrado Clini e dell’Agricoltura Mario Catania.
Il nuovo programma di incentivi alle rinnovabili, che entrerà in vigore nei primi giorni di settembre, eleva a 20 kw la soglia di esenzione degli impianti soggetti al nuovo registro a graduatoria (lo stanziamento complessivo previsto è di 6,7 miliardi): chi vuole evitare il registro lo può fare, ma deve subire un taglio del 20% della tariffa riconosciuta.
«L’industria energivora – spiega Agostino Conte, presidente al tavolo della domanda dei grandi consumatori di energia – non è mai stata contro le rinnovabili, ma in questi anni si è battuta con forza contro un sistema di incentivi onerosi per le bollette dei grandi consumatori, e di cui l’industria delle rinnovabili non ha per nulla beneficiato. Il 95 per cento della filiera del fotovoltaico è in mano a operatori esteri. Inoltre la vecchia modalità del piano non è riuscita ad intercettare l’evoluzione della tecnologia». Ben venga quindi, secondo il mondo dell’industria, un decreto che cerca di porre freno a una spesa finanziata con tutte le bollette italiane (soprattutto quelle dei grandi consumatori), conciliandolo con la necessità di non compromettere la tenuta del settore. «Resta aperto il problema di come mantenere in piedi l’intero sistema delle rinnovabili – spiega Conte –. Bisogna trovare la strada per dare il giusto peso all’efficienza energetica. Il limite delle politiche degli ultimi anni è stato proprio questo: non si è investito a sufficienza nel risparmio energetico, fattore che può alimentare positivamente tutto il sistema industriale italiano».
Il differenziale di costi tra l’Italia e i principali partner europei, nonostante i passi avanti di questi ultimi anni, resta ancora troppo elevato. «Il rischio – avverte Conte – è che i grandi gruppi energivori italiani decidano di aumentare il peso della produzione all’estero. Oggi sono già numerosi gli stabilimenti produttivi spostati al di fuori dei confini italiani per ragioni di costo: se il prezzo dell’energia resta su questi livelli, il rischio di una progressiva desertificazione degli impianti è concreto».
Nel frattempo, anche la Spagna ha provveduto a ridimensionare nelle scorse settimane gli incentivi alle rinnovabili: in questi giorni è allo studio addirittura una tassa di circa cinquanta centesimi (sia per le grosse centrali che per i piccoli produttori) per ogni megawattora di energia immesso in rete.