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La Robin Hood tax abbatte l’energia pulita

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L’ultima manovra economica incrementa per tre anni dal 6,5 al 10,5% l’addizionale Ires e estende l’applicazione dell’imposta alle società attive nella trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale, ora escluse, e alle aziende di produzione che impiegano prevalentemente biomasse e altre fonti «verdi», come solare-fotovoltaico o eolico.

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Edoardo Narduzzi

Anche gli acronimi più originali servono a poco quando di mezzo c’è l’aridità del fisco. La Robin Hood tax è nata all’inizio dell’attuale legislatura per far pagare di più i presunti ricchi. Chi sono costoro? Le società petrolifere ed energetiche beneficiate a suo tempo, nel 2008 il prezzo del barile era arrivato a circa 150 dollari, dal rialzo del corso delle materie prime. Da allora il mondo è cambiato molto e così anche il prezzo del petrolio e dell’energia. Oggi il barile quota tra gli 80 e i 90 dollari e i consumi domestici, soprattutto in alcuni mercati come l’Italia, sono calati. Perché dunque continuare a considerare come beneficiati da una ingiustificata ricchezza da sottoporre a prelievo straordinario le imprese del settore energetico? E che senso ha estendere anche al settore delle rinnovabili questa atipica windfall tax? L’ultima manovra non lo spiega, ma si limita a incrementare per tre anni dal 6,5 al 10,5% l’addizionale Ires e a estendere l’applicazione dell’imposta alle società attive nella trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale, ora escluse, e alle aziende di produzione che impiegano prevalentemente biomasse e altre fonti «verdi», come solare-fotovoltaico o eolico. Gettito incrementale atteso: 2 miliardi di euro. Ma è un saldo calcolato in maniera teorica e quindi del tutto inattendibile, come senza molto significato è la promessa del governo che nessuna traslazione del tributo sarà possibile verso famiglie e imprese perché le modalità per traslare un tributo non passano solo dal prezzo di vendita. Nei suoi conti il governo ha dimenticato una banalità economica: qualsiasi imposta impatta sugli equilibri normali del mercato. Le curve di domanda e di offerta, quando viene introdotta una tassa, si allontanano dal loro equilibrio naturale in termini di prezzo e quantità prodotta. E ciò vale anche per la Robin Hood tax. Nel settore dell’energia la tassa straordinaria produrrà una perdita di benessere dei consumatori, deadweight loss in inglese, pari agli effetti dei minori investimenti che verranno rinviati, alle maggiori quantità di energia più inquinante che saranno prodotte, ai possibili costi aggiuntivi non legati al prezzo che potranno essere richiesti ai clienti per ricevere il servizio. Così nel prossimo triennio la curva di offerta di energia si muoverà dal suo punto di equilibrio «normale». Tutti questi effetti dovevano essere calcolati dal governo per quantificare il saldo effettivo, maggiori entrate al netto della perdita di benessere collettivo, della Robin Hood tax. Un’altra gabella atipica nell’eurozona che colpisce un settore, quello dell’energia, in profonda trasformazione a livello globale che dovrebbe poter decidere, anche in Italia, il timing dei propri investimenti senza alcuna distorsione fiscale.