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La Regione boccia i giganti del vento

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Il no della conferenza dei servizi Badia Tedalda, il sindaco possiede parte del terreno

Fonte: La Repubblica

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FABRIZIO Giovannini dice che non importa, perché «io ho le mie 100 chianine e di quelle campo». Delle royalties promesse dal business del vento che già pregustava lassù dai pascoli dell’Appennino ora il sindaco-pastore è convinto di poter fare a meno. «Mica m’avrebbero cambiato la vita i 40 o 50 mila euro delle macchine». Le macchine, come le chiama il primo cittadino di Badia Tedalda, eletto a governare il Comune aretino con il sigillo del Pdl, sono le 36 pale eoliche che la Geo Italia srl avrebbe voluto installarea cavallo fra Toscanae Emilia Romagna.
IL PROGETTO per il parco eolico più grande del centro Italia subisce una brusca frenata.
Dopo mesi di attesa, ieri il piano è stato bocciato in conferenza dei servizi. Quei 36 aerogeneratori alti 180 metri – un’altezza finora mai raggiunta dall’eolico nel nostro Paese- avrebbero prodotto un impatto devastante su uno dei paesaggi più delicati e affascinanti della penisola.
Così si sono espressi il ministero dei Beni culturali guidato da Galan, le Regioni Toscana ed Emilia, 5 soprintendenze ai beni paesaggistici, 2 ai beni archeologici, la province di Arezzo e il Comune di Sestino, oltre alle Marche, interessate soprattutto all’impatto visivo dell’opera. Favorevoli le comunità montane e i tre Comuni direttamente interessati all’affare. Nei piani, 3 mega torri infatti dovevano correre sui crinali di Verghereto (Forlì, Cesena), 11 a Casteldelci (Rimini) e ben 22 a Badia Tedalda (Arezzo). Insomma, una gigantesca dorsale del vento da 120 Mw e 250 milioni di investimento per cui sarebbero stati necessari 14 chilometri di nuove strade nel territorio toscano, 28 interventi di allargamento e rafforzamento di arterie provinciali per il passaggio dei mezzi pesanti, oltre a 50 chilometri di cavidotto per il collegamento alla rete di Terna da realizzare nel comune di Badia Tedalda.
Ad assestare lo stop decisivo in conferenza dei servizi è stata soprattutto la valutazione di impatto ambientale dei due uffici regionali. «Il prezzo da pagare per il territorio sarebbe stato fin troppo alto rispetto ai benefici. Il progetto era sovradimensionato. Da solo copriva quasi metà dei 300 Mw fissati come tetto massimo dal piano di indirizzo regionale per il fabbisogno energetico proveniente dall’eolico», dicono dalla Regione.
La bocciatura, però, non è definitiva. I Comuni adesso chiedono che ad esprimersi sia direttamente il Consiglio dei ministri. E’ quasi certo che Geo Italia s.r.l. debba abbassare il tiro: cioè ripresentare un progetto con un massimo di 9 pale con un’altezza non superiore agli 80 metri. E’ tutto ciò che offre il crocevia del Poggio Tre Vescovi alle rinnovabili. Soldi e business da far fruttare con gli incentivi e la promessa dell’energia pulita altrimenti si scontrerebbero con borghi storici, antiche vie romane, castelli medievali, boschi e prati di uno spicchio di terra classificato come di interesse comunitario e a protezione speciale. Adesso i Comuni dovranno ricalibrare le loro aspettative. Anche se il piano B ricevesse il via libera, i giganti del vento non macineranno più 20 milioni all’anno, e così anche le quote per gli enti locali subiranno un drastico ridimensionamento.
Sul caso si è consumata anche una spaccatura interna a Italia Nostra. La sezione locale di Sestino da mesi appoggia i progetti della Geo Italia s.r.l, esaltando soprattutto i piani di gestione dell’impianto. Una volta tirate su, alcune delle torri sarebbero passate a una company retta da un azionariato diffuso. «I soldi dell’energia prodotta e venduta alla rete nelle tasche della gente del posto», ha dichiarato il presidente Gabriele Gervaso. Una bufala, sostiene il vertice dell’associazione ambientalista, che ad agosto ha presentato un esposto alla procura di Arezzo denunciando un conflitto di interessi del sindaco Giovannini.
«L’esito della conferenza – esulta Mariarita Signorini, membro del direttivo nazionale di Italia Nostra – dimostra come le tutele debbano arrivare da istituzioni lontane dai territori interessati dallo sviluppo.
Gli enti locali rischiano di venir risucchiati dalle tentazioni…». «E’ vero, ho 420 ettari proprio su quei crinali, e magari li avrei affittati, ma è la provincia che ha detto che sono buoni per l’eolico. Io campo facendo il contadino. Se poi la legge mi permette di guadagnarci…».
Magari poteva astenersi dal dare parere favorevole con una commissione paesaggistica? «Tanto non conta nulla, e poi io ci avrei guadagnato al massimo 40-50 mila euro, il Comune 700mila euro l’anno». I benefici, insomma, erano «tutti per le 1.118 anime di Badia Tedalda».