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La febbre dei vulcani diventa energia

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Il vulcano diventa risorsa. Dal calore del sottosuolo nuovi flussi di energia alternativa pulita. Quanto basta per alimentare serre di fiori e ortaggi pregiati, impianti di acquacoltura, piccoli condomini familiari.

Fonte: Il Mattino – Napoli

Autore: Franco Mancusi

Nell’area vulcanica napoletana e in
Toscana gli epicentri dell’attenzione. I primi progetti sperimentali,
sul finire degli anni Sessanta. Ora si passa alla fase operativa,
grazie a un piano affidato ai ricercatori dell’Osservatorio
Vesuviano, sezione dell’Istituto nazionale di Geofisica. Si comincerà
dai Campi Flegrei, successivamente sarà la volta del versante
vesuviano. Dalla febbre dei vulcani il doppio obiettivo di migliorare
i servizi di sorveglianza del territorio e sviluppare i primi
interventi di geotermia. Scavando un pozzo nel cuore del golfo
flegreo sarà possibile misurare le temperature del sottosuolo e
procedere ad un censimento preliminare del potenziale energetico in
gioco. Già effettuati sondaggi magnetici, elettrici, gravimetrici
nell’area del bradisismo. I dati comunicati nel corso di un seminario
nella sede dell’Osservatorio. Presto partiranno i lavori per la
perforazione di un pozzo lungo quattro chilometri, dalla costa di
Bagnoli proiettato verso il golfo di Pozzuoli, epicentro dei fenomeni
di bradisismo. «I dati che ci proponiamo di raccogliere saranno
preziosi per potenziare sempre più i sistemi di sorveglianza
geofisica nelle zone a più alto rischio vulcanico e sismico – spiega
il professore Giuseppe De Natale, coordinatore del “team”
interdisciplinare che cura il progetto – Nello stesso tempo, però, i
risultati potranno assicurare una spinta decisiva nel campo della
ricerca geotermica, di enorme interesse soprattutto per quanto
riguarda le risorse del territorio flegreo». Una soluzione almeno
parziale dei nostri problemi energetici, dunque, potrebbe arrivare
dalla febbre dei vulcani. Per la particolare dinamica, caratterizzata
da continui e lenti movimenti del suolo, i Campi Flegrei, al pari di
aree molto note come Yellowstone, Santorini, le Galapagos, sono
caratterizzati da un tipo particolare di vulcanismo, che può
generare le eruzioni più esplosive in assoluto. Il progetto Campi
Flegrei Deep Drilling Project, varato due mesi fa, coinvolge i più
importanti Istituti di ricerca internazionali. «Dovranno essere
approfondite – continua De Natale – le dinamiche dei sistemi
acquiferi flegrei, che determinano le proprietà delle rocce profonde
ed il campo delle temperature». In particolare, si studierà la
possibilità di sfruttare i cosiddetti «fluidi supercritici», cioè
a temperatura più alta, in grado di generare il maggiore rendimento
energetico per la costruzione di centrali geotermiche ad altissima
potenza. Negli anni Sessanta e Settanta, come accennato, fu avviata
una campagna, sperimentale, di ricerca nei Campi Flegrei, scavando un
pozzo nella zona di San Vito, ai confini fra Pozzuoli e l’area
termale di Lucrino. Obiettivo del piano, condotto dai tecnici
dell’Agip e dell’Enel, la possibilità di localizzare fluidi ad
altissima temperatura, per alimentare piccoli impianti di
riscaldamento industriale per serre agricole, vasche di acquicoltura,
villette residenziali. Non mancarono i risultati: le trivelle
toccarono, infatti, quota 400 gradi di temperatura al di sotto delle
falde termali. Poi, però, le difficoltà finanziarie raffreddarono
l’impresa. Gli impianti furono bloccati e progressivamente
smantellati. Ora si dovrebbe ricominciare daccapo. Con prospettive
speriamo più concrete di trasformazione delle prospettive naturali
in energia pulita alternativa del terzo millennio.