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I cambiamenti climatici sono già arrivati in Toscana: nel 2018 +1,0°C

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Tutti i dati del Lamma, il consorzio nato tra Regione e Cnr

Fonte: greenreport

Autore: Luca Aterini

Tra la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo è tempo di bilanci, e quello per i cambiamenti climatici in Toscana non offre indicazioni positive. A fare il punto della situazione è il Laboratorio di monitoraggio e modellistica ambientale per lo sviluppo sostenibile (Lamma), ovvero il consorzio pubblico nato tra la Regione Toscana e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), che come da tradizione sintetizza l’andamento climatico dell’anno appena trascorso in Toscana.

A spiccare sono innanzitutto i dati legati alla temperatura: in Toscana «il 2018 è stato il terzo anno più caldo dal 1955, con un’anomalia di temperatura media, rispetto al periodo 1981-2010, di +1,0°C». E se non è record assoluto poco ci manca, dato che a precedere sul podio il 2018 ci sono solo anni «impercettibilmente più caldi» come il 2003 e il 2014, quando l’anomalia era di +1,1°C. Andando ad approfondire l’analisi mese per mese emerge come nel 2018 solo febbraio e marzo siano stati più freddi, mentre in tutti gli altri casi l’anomalia di temperatura è al rialzo. Non a caso la temperatura più bassa dell’anno è stata registrata il 27 febbraio a Foce a Giovo (nell’alto Appennino settentrionale), con -18,3°C; il giorno più caldo è invece stato il 1 agosto, con 38,9°C raggiunti a Peretola (Firenze).

Ai dati sulla temperatura si accompagnano quelli sulle precipitazioni, che quanto ad abbondanza complessivamente sono rientrate nella norma, ma sono state «concentrate in pochi mesi: molta pioggia a febbraio e marzo, meno pioggia del “normale” tra giugno e ottobre». E questo nonostante sia stato proprio ottobre a dar prova di eventi climatici estremi, assommando più record annuali. Ottobre 2018 ha infatti ospitato il giorno più piovoso dell’anno, quel 29/10 in cui «sono stati osservati massimi puntuali fino a 200 mm sulla Lunigiana». Nello stesso giorno in tutta la Toscana sono stati registrati 120mila fulmini, mentre «gli anemometri delle zone di crinale appenninico e nell’Arcipelago hanno fatto registrare raffiche di vento da sud fra 150 e 170 km/h». Sempre il 29 ottobre c’è stata una «mareggiata record di Ostro/Scirocco nell’Arcipelago meridionale», quando a Giannutri un’onda ha toccato – e non succedeva da dieci anni – i 6,5 metri. Un’altezza d’onda superata nell’anno solo il 17 gennaio presso la Gorgona, quando si sono toccati i 7 metri.

Si tratta di dati che suggeriscono l’opportunità di un’ampia riflessione. Secondo un recente sondaggio commissionato a Ipsos dall’Istituto per gli studi di politica internazionale «per la prima volta i cambiamenti climatici rappresentano per gli italiani la minaccia più rilevante a livello globale». Si tratta di un importante passo avanti per l’opinione pubblica, anche se la percezione che i cambiamenti climatici non siano solo un rischio “globale” ma riguardino in primis il territorio in cui viviamo non è altrettanto ben radicata. Per questo è oltremodo utile osservare con attenzione i dati offerti dal consorzio Lamma, perché da questi deve (ri)partire una conseguente e concreta azione politica: quella che ancora manca all’Italia, come testimonia la mancanza di un ambizioso Piano nazionale energia e clima. Il nostro Paese era tenuto a inviare il documento all’Ue entro il 31 dicembre, ma ancora oggi non ve n’è traccia.