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Grosseto: Geotermia, ricerche alle porte della città

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La veronese Svolta ottiene il permesso per le prime indagini: «Se c’è acqua calda faremo un impianto mai visto in Italia»

Fonte: Il Tirreno, Cronaca di Grosseto

Autore: Francesca Ferri

Lo sfruttamento geotermico sbarca nel comune di Grosseto che, grazie a una società privata, si candida a diventare il primo posto in Italia ad ospitare un tipo di impianto mai realizzato in alcuna parte dello Stivale. La novità piomba in Maremma ad opera di una piccola ma intraprendente società veronese (sede legale a Gioia del Colle in provincia di Bari, sede operativa all’ombra dell’Arena) che si chiama Svolta srl. Dieci soci in tutto – tra cui un amministrativo, un fisico e due geologi esperti in geotermia – che hanno puntato gli occhi su Poggio Forte, a nord di Grosseto. Secondo Svolta là sotto, nel profondo delle viscere della terra, potrebbe esserci l’acqua calda. Una scoperta proverbialmente banale? C’è da credere di no. La società sta lavorando da un anno, a suon di progetti e richieste alla Regione Toscana (che ha la delega in questioni di geotermia) per ottenere l’autorizzazione a fare delle ricerche. Il 25 maggio scorso il settore Energia della direzione generale Politiche ambientali della Regione ha concesso il permesso di ricerca, che si chiama appunto “Poggio Forte”, durerà quattro anni e partirà nel giro di quattro mesi dal momento del rilascio. L’area interessata ha un raggio di 13 chilometri. Il permesso è stato concesso solo per le prime indagini (cosiddette Fase 1, Fase 2 e Fase 3), quelle che vengono fatte negli strati più superficiali del terreno con l’uso di scariche elettriche in grado di intercettare bacini acquiferi. Se l’esito sarà positivo, Svolta dovrà chiedere un ulteriore permesso per passare alla Fase 4, quella che prevede di perforare il terreno per fare dei carotaggi. Alcune prescrizioni sono parte integrante del permesso per le prime fasi di ricerca. Tra queste, il rispetto delle zone a vincolo paesaggistico (a Poggio Forte vi ricadono la zona del canale diversivo e del canale Molla, compresa una sua diramazione nord; le ricerche qui si potranno fare chiedendo il nulla osta alla soprintendenza). Inoltre, se Svolta intende compiere indagini più invasive mediante massa vibrante, dovrà prima assicurarsi che non ci siano resti archeologici sottoterra. «Siamo ancora alle prime fasi e ci sono ancora alcune pratiche di accettazione da fare da parte nostra», spiega Emilio Roggero della società Svolta. «Saranno comunque misurazioni superficiali – prosegue – con degli elettrodi e l’uso di corrente elettrica per cercare bacini d’acqua calda. Nella zona ci sono diverse sorgenti termali: ecco, pensiamo di trovare acqua a 85-90 gradi, quindi temperature molto basse che, per intenderci, non hanno niente a che vedere con la geotermia dell’Amiata ma che si possono sfruttare per impianti a bassa entalpia». E, secondo quanto anticipa Roggero, la differenza con le centrali amiatine non sarebbe solo nelle temperature. «Il nostro progetto – spiega Roggero – prevede un impianto in superficie simile a un pozzo, con un ciclo completamente sigillato. Il fluido d’acqua calda, cioè, non viene mai in contatto con l’atmosfera: prendiamo l’acqua calda, ne estraiamo il calore e poi l’acqua viene reimmessa nella roccia sotto terra». Un impianto completamente a emissioni zero che sarebbe il primo del genere in Italia. «Nel mondo ne esistono vari prototipi – spiega Roggero – ma in Italia non ci sono ancora impianti di questo tipo. Un’azienda con cui collaboriamo perché sono nostri consulenti, la Turboden di Brescia, ne ha realizzati tre in Germania, uno dei quali a Saurelach per la municipalità di Monaco di Baviera, che sfrutta acqua a 140 gradi». Insomma, nella “green Germany”, paese paladino delle rinnovabili, all’avanguardia in Europa e nel mondo, la tecnologia è italiana. E quella stessa tecnologia potrebbe arrivare a Grosseto. Ma cosa intende fare di preciso la società Svolta con l’acqua “tiepida” di Poggio Forte? «Le applicazioni sono tre: corrente elettrica, teleriscaldamento e uso in agricoltura – spiega Roggero – come già stiamo facendo in Puglia con una sperimentazione per la viticoltura».