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Geotermia, un’immensa risorsa ancora tutta da sfruttare. E’ la fonte rinnovabile usata in Italia fin dall’antichità. Oggi produce l’1,5% del fabbisogno energetico nazionale.

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La geotermia è la branca della geofisica che studia il calore terrestre. Questa energia, presente nelle profondità della terra, viene portata in superficie grazie ai movimenti magmatici e al movimento di acque sotterranee.

Fonte: Accademia Ambientale del Monferrato

Autore: Accademia Ambientale del Monferrato

Esistono essenzialmente tre modi per sfruttare il calore proveniente
dal globo terrestre, i primi due sfruttano una temperatura superiore ai
40° per produrre energia elettrica o per utilizzare direttamente il
fluido geotermico. L’ultimo e sicuramente meno conosciuto sfrutta la
temperatura costante del sottosuolo per scambiare calore cedendolo in
estate e prelevandolo in inverno e gestisce temperature inferiori.
L’energia geotermica risulta essere una delle fonti rinnovabili meno
coinvolte nei cicli naturali o metereologici, risultando quindi priva
di quelle discontinuità che rendono altri sistemi egualmente
rinnovabili non sempre indipendenti dalle fonti fossili. L’energia
geotermica è una energia che ha una storia molto antica, viene
sfruttata in ogni luogo sia presente, dal Giappone alla Cina,
dall’India al Medio Oriente fino alla vicina Turchia. Il suo
sfruttamento in principio era limitato agli impianti termali, o per la
raccolta dei sali borici che si depositavano sui margini dei lagoni
naturali e che venivano utilizzati per usi medicinali e chimici. In
Italia gli etruschi prima e i romani poi utilizzarono con sistemi
strutturati questa risorsa presente per lo più in Toscana e nel Lazio.
Il Medioevo e poi il Rinascimento diedero continuità a questo utilizzo
della geotermia tanto che, nella zona che poi verrà poi chiamata
Larderello, si hanno notizie di una vera e propria passione per le
terme di Lorenzo il Magnifico.
Nel XV secolo il fiorentino Niccolò Zeno racconta di aver visto in un
suo viaggio lo sfruttamento di sorgenti di acqua calda per riscaldare
serre e abitazioni nella gelida Groenlandia.
Lo sfruttamento della fonte geotermica, al fine di generare energia
elettrica, ha inizio il 4 luglio 1904, proprio nel luogo icona della
geotermia italiana: Larderello. Un soffione venne collegato ad una
motrice a vapore che a sua volta alimentava un generatore elettrico,
l’energia fornita era sufficiente per accendere cinque lampadine. Un
risultato che diede l’avvio al primo impianto geotermico per la
produzione di energia geotermoelettrica, che fu costruito nel 1913
nella stessa località del primo impianto di prova. Con la crisi
petrolifera degli anni settanta il ministro dell’Industria allora in
carica, Carlo Donat Cattin, chiese uno studio approfondito del
potenziale energetico italiano.
Da quello studio si capì che l’Italia aveva su scala globale il secondo
potenziale geotermico dopo l’islanda. Le aree del nostro territorio
interessate da questa fonte energetica risultarono molte e sparse sul
territorio. La Toscana con la zona di Larderello, del Monte Amiata e
con l’area marina davanti alla sua costa, risultò essere una regione a
forte vocazione geotermica. Importanti anche le aree del cratere di
Latera-Bolsena e dei Campi Flegrei. Esistono inoltre enormi giacimenti
di calore geotermico sottomarini sul fondo del Tirreno nella zona dei
vulcani sottomarini del Palinuro e del Marsili che interessano anche le
Eolie. Ad oggi la produzione di energia geotermica copre il 25% del
fabbisogno di energia della regione Toscana e circa l’1,5% di quello
nazionale. La ricerca in questo settore è portata avanti da molti
paesi, si studiano nuovi metodi di esplorazione geotermica, nuovi
materiali e tecnologie e si cerca addirittura di creare artificialmente
nuovi siti come quello di Larderello. L’impatto ambientale dato dagli
impianti è minimo e non si discosta molto dalla naturale attività
geotermica, è comunque stato oggetto di ricerca la riduzione delle
emissioni di idrogeno solforato, che davano il terribile e
caratteristico odore di uova marce e che nei moderni impianti vengono
quasi totalmente eliminate.
Per quanto riguarda la geotermia a bassa temperatura o “a bassa
entalpia” il sottosuolo viene considerato come un serbatoio termico al
quale cedere o estrarre calore a seconda delle condizioni climatiche.
Questo permette di riscaldare e raffrescare edifici o produrre acqua
calda per scopi sanitari o industriali. Il sottosuolo in Italia è,
nella maggior parte dei casi, ad una temperatura che varia tra 12 e 14
°C e rimane pressoché costante dai 10 ai 100 m di profondità.
Il principio di funzionamento del sistema è relativamente semplice e
prevede l’uso di un semplice circuito di prelievo del calore inserito
nel terreno e ad una pompa di calore. Qualsiasi tipo di terreno può
fornire questo serbatoio termico e quindi qualsiasi edificio potrebbe
potenzialmente utilizzare questa tecnologia per ottenere caldo e freddo.
La pompa di calore geotermica è un sistema che offre sia riscaldamento
che raffrescamento con costi molto bassi ma di contro l’investimento
iniziale risulta abbastanza alto.
E’ particolarmente conveniente parlare di questo sistema se si è di
fronte ad una nuova costruzione o ad una ristrutturazione importante ma
anche nel caso l’edificio sia già dotato di sistema di riscaldamento a
bassa temperatura, come nel caso di pavimenti radianti. Altro elemento
favorevole per passare alla geotermia è la necessità del raffrescamento
estivo o l’avere, per una dislocazione geografica particolare, una
difficoltà ad approvvigionarsi di combustibili.
Per gestire al meglio l’installazione di un impianto la prima cosa è
raccogliere informazioni, il sottosuolo non deve avere vincoli alla
perforazione, inoltre esistono delle zone in cui risultano protette le
acque sotterranee e superficiali, in questi luoghi la realizzazione di
un impianto geotermico deve essere autorizzata dalle autorità
competenti.
Si deve poi, per avere un corretto dimensionamento dell’impianto,
conoscere il terreno su cui si vuole eseguire l’intervento, risulta
quindi fondamentale svolgere opportune indagini geologiche per appurare
con precisione la natura dello stesso. Esistono infatti significative
differenze tra un tipo di sottosuolo ed un altro, e dato che non tutti
i tipi di terreni o rocce hanno la stessa conducibilità termica questo
varierà il rendimento termico del sottosuolo. La presenza d’acqua per
esempio migliora il rendimento di un impianto in quanto facilita lo
scambio termico.
Come dicevamo il sistema si compone di un circuito di prelievo del
calore ‘sonda geotermica’ che nella realtà dei fatti è una coppia di
tubi uno di andata e uno di ritorno inseriti in un foro verticale
praticato nel terreno.
I tubi in materiale plastico formano un circuito chiuso ed ermetico e
raggiungono una profondità che usualmente è di minimo 70 e massimo 120
metri. All’interno del circuito circola una soluzione acquosa che si
riscalda e raffredda nei diversi punti del circuito.
La sonda geotermica anche se non necessita di grandi spazi rende
necessarie alcune valutazioni iniziali specialmente nel caso di nuove
costruzioni, alla fine dei lavori, comunque, risulta invisibile in
superficie.
In condizioni favorevoli, sia per l’edificio sia per il sottosuolo,
un impianto geotermico, pompa di calore – sonda geotermica (di circa
100 m di profondità) garantisce il fabbisogno termico di un’abitazione
di circa 100 metri quadrati.
Il calore trasmesso dal liquido arriva alla pompa di calore che lo
sottrae al fluido per immetterlo nel sistema di riscaldamento. Il
principio di funzionamento della pompa di calore è quello di un
frigorifero, l’assorbimento del calore avviene infatti mediante un
fluido in un evaporatore, poi viene alzata la temperatura attraverso un
compressore, ed infine la cessione del calore all’ambiente circostante
avviene tramite un condensatore. L’energia elettrica consumata nel
processo è inferiore a quella termica fornita dal sistema. L’efficienza
del sistema come accade per ogni tipo di pompa di calore è espressa dal
coefficiente di prestazione o performanza il famoso C.o.p. che in
questi sistemi si aggira tra il 3 e il 4, quindi una pompa di calore
che dovesse produrre 4 kWh termici ne consumerebbe circa uno elettrico.
Il risparmio che può dare il sistema geotermico e nell’ordine del 50%
rispetto al metano e del 70% rispetto al gasolio o al Gpl. Dal 1
gennaio 2008 al 31 dicembre 2010 è stato inoltre previsto uno sgravio
fiscale del 55% per sostenere le spese di ‘sostituzione integrale
dell’impianto di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta
efficienza e con impianti geotermici’ con un limite massimo di
detrazione di 30.000 euro.
E’ poi da valutare una minore spesa nei costi di gestione, la
manutenzione di una pompa geotermica è infatti molto inferiore a quella
di una normale caldaia.
Infine le dimensioni di una pompa di calore sono paragonabili a quelle
di un frigorifero, è infatti usuale installare l’apparecchio in un
qualsiasi locale di servizio.
Oltre al sistema verticale ne esiste un altro orizzontale, alle sonde
geotermiche che si spingono in profondità vengono sostituite delle
sonde poste orizzontalmente a circa un metro di profondità rispetto al
limite di congelamento.
E’ da dire che lo sviluppo della pompa di calore geotermica dei
prossimi anni sarà molto aiutato, se non più dagli incentivi, dai
costanti aumenti dei combustibili fossili. Per ridurre tutto ad un mero
discorso economico si può dire che, se ad oggi i tempi previsti per il
ritorno economico di un impianto standard sono quantificati in 7 o 8
anni, con le brusche variazioni di costo dei combustibili fossili
questi potrebbero scendere significativamente. Per parlare di ambiente,
infine, il taglio ai consumi dato da un qualsiasi sistema geotermico
rende al pianeta un indubbio risparmio: quello delle emissioni di gas
serra.