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Amiata al riparo dai terremoti?

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Non fu così a fine Settecento. Il territorio non compare tra quelli a rischio, poiché non vi sono faglie e il sottosuolo è geotermico.
In passato però si sono registrati dei sismi. Lo studioso Nanni li ricorda attraverso documenti d’epoca

Fonte: Il Tirreno, Cronaca di Grosseto

Autore: Fiora Bonelli

Nella mappa dell’Istituto nazionale di geofisica e di vulcanologia, stilata per rendere visibili le faglie su cui scivolano o potrebbero scivolare gli attuali terremoti, l’Amiata non c’è. C’è una faglia in Lunigiana, una in Garfagnana, una, piccola, fra Livorno e Pisa. E non se ne fa menzione nemmeno dei grandi terremoti storici del passato. L’Amiata è assente. Parrebbe una situazione tranquillizzante. E ancor più perché la Toscana, secondo gli esperti, parrebbe essere una zona non a alto rischio sismico, vista «la sua geotermia: cioè la parte inferiore della crosta toscana è molto calda e trasferisce male lo scuotimento». Tutto bene, insomma se non fosse che invece in Amiata vi sono stati terremoti storici. Nel 1700, per esempio. Lo fa notare Nello Nanni, caporedattore della rivista “Amiata storia e territorio” (edizioni Effigi). «Nei numeri 10 e 11 della nostra rivista – spiega Nanni – pubblicammo preziosi interventi con documenti settecenteschi reperiti da studiosi e storici: padre Vittorio Benucci, dell’osservatorio dei Cappuccini di Siena e Patrizia Turrini dell’archivio di Stato di Siena. Il più potente terremoto di cui esiste documentazione risale al 1776-1778 e interessò i distretti vulcanici dell’Amiata e di Radicofani in particolare». In una lettera scritta nell’ottobre del 1777 dal notaio criminale Andrea Vegni a Pietro Leopoldo di Lorena, granduca di Toscana, si descriveva lo «sterminio» di quel terremoto a causa del quale il notaio chiedeva il trasferimento ad altra sede. «Terremoti – dice Nanni – che sono segnati nei testi di sismologia e che ebbero come epicentro Abbadia San Salvatore nel marzo 1776. Di Abbadia abbiamo notizia di un terremoto con intensità 5,03 anche nel 1287. Le scosse, registrate a centinaia, durarono fino al 1778, con il massimo sismico il 5 ottobre 1777. I danni furono gravissimi, confermati dalla relazione del cancelliere civile del tribunale di giustizia di Siena, Gerolamo Fancelli, e riguardarono case della comunità, scuole, torre dell’orologio, posta reale, dogana, mulini. E poi tutte le chiese e conventi, tutti con «muraglie crettate e celle dei religiosi in buona parte dirute, tetti smossi, camini andati giù», come si legge nei documenti originali, e infine le «fabbriche di proprietari benestanti, poveri e miserabili e poderi e capanne», alcune delle quali «inabitabili» e altre «andate giù». «Il documento elenca nel dettaglio il territorio di Radicofani – avverte Nanni – ma fu coinvolta tutta l’Amiata, fino a Santa Fiora». Un terremoto studiato a più riprese anche di recente dall’Istituto di ricerca sul rischio sismico Cnr Milano e a cui si assegna un’intensità di 5,37. Un documento esiste, poi, riguardo allo stesso terremoto, per Abbadia San Salvatore (intensità 5,03), Piancastagnaio e San Casciano dei Bagni e Celle, vergato con dovizia di particolari dal cancelliere civile del tribunale di giustizia di Siena Girolamo Fancelli a cui lo stesso granduca aveva chiesto «di vedere tutti i danni fatti dal terremoto, animare il popolo, dare le istruzioni necessarie ai giudici, provvedere di soccorsi». Nella lunga relazione che Fancelli presenta, compare ad Abbadia, epicentro del sisma, un palazzo pretorio «tutto crettato», la Pieve con la «volta allentata con cretti larghi circa tre once e spacchi nelle muraglie» e così, con cretti più o meno larghi, le chiese laicali e le fabbriche dei benestanti nonché le casupole dei poveri. Nonostante tutto questo l’Amiata non compare nella mappatura delle zone più pericolose, sebbene nel corso del tempo, fino agli anni Cinquanta, si siano avute scosse importanti. Intorno agli anni Sessanta, invece, eventi sismici importanti hanno smesso di verificarsi. Solo micro sismi o scosse leggere. Questo fatto coincide con l’inizio dello sfruttamento geotermico in Amiata.