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Una politica integrata in tutta Europa

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Intervista a Valeria Termini, ordinario di Economia politica a Roma Tre e da pochi giorni membro nel nuovo collegio dell’Autorità per l’Energia.

Fonte: Il Sole24ore

Autore: Elena Comelli

La politica energetica comune europea è rimasta al palo per anni, ma oggi qualcosa si muove. Valeria Termini, ordinario di Economia politica a Roma Tre e da pochi giorni membro nel nuovo collegio dell’Autorità per l’Energia, è ottimista. La cronica insicurezza degli approvvigionamenti l’eleva­to prezzo del petrolio e la sfida ambientale stanno spingendo l’Europa a fare sul serio. È da questa nuova determinazione che arriveran­no i principali cambiamenti anche per il mercato energetico italiano.
Ogni anno l’Europa spende 270 miliardi di euro per comprare petrolio e altri 40 per il gas, il 2,5% del PiI. Non converrebbe presentarsi compatti ai fornitori, per spuntare prezzi migliori?
L’Europa è il più grande importa­tore di combustibili fossili del mon­do. Proprio per questo varrebbe la pena di ricorrere a un livello supe­riore di governo dal punto di vista organizzativo, piuttosto che lascia­re agli Stati membri la responsabili­tàdegliappr9vvigionamenti. Ma fi­nora mancavano istituzioni euro­pee forti sul fronte dell’energia, con una delega che consentisse lo­ro di farsi carico delle strategie per la sicurezza energetica e di sostene­re le liberalizzazioni Senza istitu­zioni forti, subentrano per forza di cose i singoli Stati e questo porta inevitabilmente alla difesa dei cam­pioni nazionali. Ora credo davvero che l’energia rappresenti un importante banco di prova per la capaci­tà di unificazione dell’Europa.
Quando è arrivato il punto di svolta?
Con il Trattato di Lisbona sono state gettate le premesse per una politica energetica comune, con una serie di articoli che ancorano nella carta costituzionale il con­cetto di energia come bene pubblico collettivo. E per la prima volta il testo unico introduce il princi­pio di solidarietà, nel caso di diffi­coltà di approvvigionamento di uno Stato membro.
Conseguenze?
Molto vaste. Da qui nasce la nuo­va Agenzia europea per l’energia, che si è appena insediata. Da qui ri­parte la macchina dei Trans Euro­pean Energy Networks. Da qui deri­vano le ultime misure del Consiglio europeo, compreso il piano per la sicurezza energetica, che mira a ri­durre la dipendenza Ue dal petro­lio mediorientale e dal gas russo. In pratica, tutte le istituzioni si stanno preparando per attuare un merca­to unico europeo dell’energia.
Altri fattori importanti?
Il pacchetto 20-20-20, che coniu­ga la crescita alla sostenibilità ambientale, ha contribuito a favorire una strategia di politica industriale unitaria. Però manca completa­mente la gamba economica del ta­volo. Per finanziare i Trans Europe­an Networks, ad esempio, servireb­be un budget europeo, perché non ci si può affidare alla buona volontà degli Stati nazionali
Come già in passato.
Esattamente. Negli anni 90, con il petrolio a 40doJlari, abbiamo perso un’occasione straordinaria di finanziare le grandi infrastruttu­re. Ora è tutto più difficile.
Il prezzo alto del petrolio,acu­ito dalle rivolte in Nord Africa, potrebbe anche favorire la tra­sformazione.
Dipende. Da un lato rende più competitive le fonti alternative, dall’altro può creare un problema di pressione inflazionistica e dan­neggiare la ripresa.
Resta il fatto che si va verso una trasformazione straordina­ria nel mondo dell’energia: co­me govemarla?
Con la tecnologia. I grandi pro­blemi del capitalismo si risolvono con l’innovazione tecnologica, sia stimolando la ricerca che favoren­do la diffusione di tecnologie a bas­sa intensità di carbonio. Un esem­pio è la Cina, che ormai è un ele­mento fondante nel mercato dell’energia, non solo per l’elevata do­manda, ma anche per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, con azien­de all’avanguardia su tutti i fronti, dal fotovoltaico alle batterie per l’auto elettrica.