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«Stretta sulla CO2 contro imprese e ambiente»

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INTERVISTA a Chicco Testa
«Una corsa all’autolesionismo: importeremo merci molto più inquinate»

Fonte: Il Sole 24 Ore

Autore: Federico Rendina

L’Europa alza gli obiettivi ambientali e l’industria Italiana lancia l’allarme. Teme una doppia penalizzazione: per la competitività delle imprese e per l’intera economia. In tutto ciò il dramma delle nostre centrali elettriche tradizionali, strette tra la crisi globale e la corsia preferenziale riservata alle energie rinnovabili super-incentivate. Un bel pasticcio. In particolare per chi, come Chicco Testa, ambientalista di vecchia memoria, poi presidente dell’Enel, ora a capo di Assoelettrica, l’associazione dei produttori elettrici, cammina sul filo di una crisi nella crisi.
Presidente Testa, come ne usciamo?
Cambiando l’approccio. Non ne farei una questione di durezza o meno degli obiettivi ma semmai di utilità o men delle misure. Bene, anzi male. Perché dal 1990 al 2012 le emissioni totali di CO2 del mondo sono passate da 22 a 33 miliardi di tonnellate, con un aumento del 50%. Nel frattempo l’Europa ha ridotto la Co2 per meno di 1 miliardo di tonnellate.
Intanto, si fa osservare, il Vecchio Continente si è allenato, raccogliendone i benefici, sulle soluzioni per l’efficienza e le energie verdi.
Vorrei capire dove effettivamente si è conquistata una leadership tecnologica. Quali sono questi positivi riflessi sull’export. Ecco perché dico che il problema è semmai quello dell’efficacia delle misure, che può essere garantita solo con veri accordi internazionali, globali, che vincolino tutti. Lo stesso Gunter Oettinger, il commissario Ue per l’energia, ci dice che nel 2030 Europa contribuirà ad appena il 4,5% alle emissioni totali di CO2 e anche se noi tagliamo del 20% il nostro contributo sarà appena dello 0,8%, a costi stratosferici, mentre il mondo sarà cresciuto di un altro 20 o 30%.
Qualcosa avremo comunque fatto.
Invece no. Perché la produzione industriale che estromettiamo dall’Europa ci ritorna sotto forma di prodotti che vengono da paesi dove l’efficienza energetica è molto più bassa, dunque con un contenuto di CO2 ben maggiore. Con un saldo, anche ambientale, comunque negativo.
Di qui la proposta, che però trova evidenti ostacoli, di far incorporare a queste merci il loro contenuto di CO2 sotto forma di oneri compensativi.
La Carbon tax, appunto. Potrebbe essere una soluzione. Ed è uno dei casi in cui il continente europeo o fa sentire con forza la sua voce.
In gioco c’è il sistema Ets.
Un sistema artificiale ed artefatto, dove si è continuamente costretti a intervenire per sostenere i prezzi dei certificati. Il sistema Ets è sostanzialmente fallito.
Mediazioni?
Che almeno si introduca un sistema flessibile a disposizione dei singoli Stati per raggiungere gli obiettivi prefissati. Evitando ulteriori storture, in particolare con nuovi vincoli sulle quote minime di energie rinnovabili. Ognuno deve poter mirare ai target utilizzando i migliori strumenti che ha a disposizione: le rinnovabili, l’efficienza, le reti intelligenti. Intervenendo dove il rapporto tra costi e risultati e più favorevole.
A proposito, gli analisti decantano i livelli di efficienza raggiunti dal vettore elettrico anche in confronto all’uso finale del gas. Tutto vanificato, però, dalla progressività della tariffa a cui solo ora l’Authority dell’energia sta mettendo mano con una tariffa piatta sperimentale.
Proprio così. Oggi le pompe di calore elettriche offrono vantaggi nei prezzi e nella tutela ambientale anche nelle abitazioni. È un esempio di come la regolazione deve procedere con ben altra lena. Quel che sta accadendo, quel che sta cambiando, ha bisogno di una rivoluzione, non di una politica a piccoli passi.