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La geotermia in Islanda, storia di una rivoluzione energetica iniziata da un contadino

Nel 1908 utilizzò l’acqua proveniente da una sorgente calda per riscaldare la propria abitazione. Oggi questa fonte rinnovabile copre circa il 65% dell’energia primaria del Paese

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Nel 1908 utilizzò l’acqua proveniente da una sorgente calda per riscaldare la propria abitazione. Oggi questa fonte rinnovabile copre circa il 65% dell’energia primaria del Paese


Nel corso del XX secolo gli islandesi hanno attinto a piene mani dalle fonti rinnovabili più importanti presenti sul loro territorio – geotermia e idroelettrico – per trasformare il Paese da una società povera e dipendente dal carbone a una che gode di standard di vita molto elevati.

Un’evoluzione che viene ripercorsa dall’Ambasciata d’Italia in Norvegia e Islanda, attraverso una guida appositamente dedicata alla geotermia in Islanda: la stessa fonte rinnovabile che l’Italia per prima al mondo (oltre due secoli fa) è riuscita a mettere a frutto per scopi industriali, conservando ancora oggi una leadership tecnologica nel settore, oltre a un parco centrali che in Toscana soddisfa oltre il 35% del fabbisogno elettrico regionale. Un dato non lontano da quello islandese, attorno al 29%, grazie ad una potenza installata pari a oltre 750 MW.

In Islanda è però ben più ampio l’impiego della geotermia a fini termici, che in Toscana viene ad oggi valorizzato pienamente “solo” in 9 Comuni geotermici dotati di teleriscaldamento.

Guardando infatti al quadro complessivo, «secondo il Governo islandese – spiega l’Ambasciata – circa l’85% della fornitura totale di energia primaria in Islanda deriva da fonti di energia rinnovabile prodotte internamente. Questa percentuale è la più alta quota di energia rinnovabile in qualsiasi bilancio energetico totale nazionale europeo. Nel 2016 l’energia geotermica forniva circa il 65% dell’energia primaria, la quota di energia idroelettrica era del 20%, e la quota di combustibili fossili, principalmente prodotti petroliferi per il settore dei trasporti, era del 15%».

Un ruolo residuo per i combustibili fossili e uno prioritario per la geotermia, dunque: una rivoluzione energetica partita da un singolare pioniere.

«Il principale utilizzo dell’energia geotermica è per il riscaldamento degli ambienti, e storicamente – documenta l’Ambasciata – il pioniere di questo utilizzo è considerato un contadino di Sudur-Reykir che nel 1908, grazie ad una conduttura lunga 500 metri, utilizzò l’acqua proveniente da una sorgente calda per riscaldare la propria abitazione. L’utilizzo dell’energia geotermica per il riscaldamento su larga scala iniziò con la posa di una conduttura di 3 km di acqua calda dalle sorgenti calde di Laugardalur a Reykjavík nel 1930, ma ciò che contribuì maggiormente alla diffusione di questo sistema di riscaldamento fu la crisi dei prezzi del petrolio degli anni ’70, quando il Governo islandese prese l’iniziativa di eliminare il petrolio dalle fonti utilizzate per il riscaldamento urbano, sostituendolo con l’energia geotermica, con il risultato che la quota di energia geotermica è passata dal 43% nel 1970 all’attuale livello pari al 90% circa».

La vera e propria svolta è arrivata a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’Agenzia Nazionale Energetica Islandese che ha iniziato ad investire in ricerca e sviluppo in materia geotermica: «I piani per sviluppare l’energia elettrica geotermica in Islanda risalgono ai primi anni ’60 e la prima centrale elettrica geotermica (3 MW), Gufustödin í Bjarnarflagi (Bjarnarflag), è entrata in funzione nel 1969. Oggi, la centrale di Bjarnarflagè ancora in funzione dopo la recente ristrutturazione avvenuta nel 2019. Nel 1978 e 1979 poi ne sono state installate altre due e oggi, con una capacità totale di generazione di energia geotermica di 755 MW, l’Islanda è tra i primi dieci paesi al mondo quando si tratta di generazione di elettricità dalla geotermia».