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Gli PNIEC non sono sufficienti per gli obiettivi UE: focus sulla geotermia italiana

I principali rappresentanti dell’industria europea delle rinnovabili mostrano la necessità di maggiore impegno. Dall’EGEC raccomandazioni per Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Ungheria

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Poco prima di arrivare all’appuntamento elettorale del 26 maggio l’Unione Europea ha completato la riforma del proprio quadro per la politica energetica, grazie all’adozione da parte del Consiglio UE dei quattro restanti atti del pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei“, che fissa tra gli altri un obiettivo stringente per le rinnovabili: arrivare entro il 2030 a coprire tramite queste fonti almeno il 32% dei consumi energetici complessivi europei (partendo dal 17,5% raggiunto a fine 2017).

Ogni Stato membro deve concorrere a quest’obiettivo, attraverso un percorso che si sta delineando – i documenti dovranno essere pronti entro la fine dell’anno in corso – nei cosiddetti PNEC – Piani Nazionali Energia e Clima, che attualmente mostrano però un livello di ambizione decisamente inadeguato.

Oltre all’European Climate Foundation e ad associazioni ambientaliste come Legambiente, anche i principali rappresentanti dell’industria europea delle rinnovabili – come riportato in un documento unitario – ritengono che i Piani presentati alla Commissione UE difettino di robustezza, chiarezza, visibilità e, appunto, ambizione; per quanto riguarda in particolare la geotermia è il Consiglio Europeo per l’Energia Geotermica (EGEC) ad offrire raccomandazioni chiave a Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Ungheria affinché questa fonte rinnovabile possa contribuire a soddisfare la traiettoria di sviluppo sostenibile delineata dall’UE.

Nell’arco degli ultimi dieci anni nel nostro Paese la potenza geotermica installata per scopi termici (riscaldamento e raffrescamento) è aumentata di circa il 5% annuo, mentre quella elettrica dell’1,6%, un contesto nel quale il Piano Integrato Energia e Clima (PNIEC) avanzato dal Governo italiano prevede un ulteriore rallentamento: una crescita limitata sia per la produzione di energia elettrica (+130MW, con un incremento di appena lo 0,8% sulla quota FER) sia per la produzione di calore (+28 ktep) al 2030.

«Stime basse complementari – evidenziano da EGEC – all’annunciata esclusione della geotermia dal decreto che individua incentivi dedicati alle tecnologie mature per la produzione di elettricità da rinnovabili (FER1)». Eppure la geotermia in Italia garantirebbe ben altre potenzialità.

«Attualmente l’industria geotermica italiana è concentrata nelle risorsa ad alta entalpia della regione Toscana. Queste risorse sono ben sviluppate, sebbene non sfruttate al massimo delle loro potenzialità. L’Italia – precisa ancora EGEC – ha anche un potenziale aggiuntivo per la produzione di elettricità in altre zone del paese. Il potenziale in gran parte non sviluppato per l’Italia è tuttavia quello della geotermia per il riscaldamento e il raffreddamento, che è molto sottoutilizzato, soprattutto fuori dalla Toscana».

Secondo le stime più cautelative fornite dall’Unione Geotermica Italiana (UGI) la risorse geotermiche italiane valgono almeno quanto 500 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, ed EGEC sottolinea come il nostro Paese dovrebbe «stabilire obiettivi per l’energia geotermica che siano commisurati alle risorse che possiede, e rimanere un leader mondiale della geotermia», contribuendo così a decarbonizzare sia il proprio settore elettrico sia il comparto del riscaldamento e raffrescamento. Come mostra però l’andamento di mercato degli ultimi dieci anni, e soprattutto le ancora più ridotte prospettive delineate nel PNIEC non si tratta affatto di progressi conseguibili automaticamente: «Per consentire lo sviluppo dell’energia geotermica – concludono – l’Italia dovrebbe stabilire un quadro di investimento stabile che consenta lo sviluppo di tecnologie innovative».