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Verso una nuova energia: Dominano le combustibili, ma crescono le rinnovabili

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Lo dice l’Istat secondo cui, tra i settori utilizzatori finali di energia, la quota più elevata (35,2%) nel 2009 è attribuita agli usi civili; seguono i trasporti (32,2%) e l’industria (22,6%)

Fonte: Salute Ambiente.it

Autore: Cristina Moretti

L’energia, oltre ad avere un valore di mercato, ha anche e soprattutto una valenza ambientale. L’uso delle fonti energetiche convenzionali, infatti, può comportare danni all’ambiente in cui viviamo ed alla collettività. Tali danni sono conosciuti come esternalità negative: cioè dei “costi” sociali aggiuntivi che in genere è difficoltoso da esprimere in termini monetari e quindi sono difficilmente incorporabili nei prezzi. Il consumo di energia oggi non è quindi illimitato e privo di problemi, ma deve essere indirizzato al fine di uno sviluppo sostenibile delle risorse. Il concetto di “Sostenibilità” e “Sviluppo Sostenibile”è stato introdotto nel Rapporto Our Common Future (1987) della World Commission on Environment and Development (Commissione Bruntland), che gli diede la sua accezione più nota, ovvero lo sviluppo che “garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”. Il tema dei consumi è quindi legato strettamente alla tematica ambientale. Una prima problematica di cui si parla spesso è la crisi energetica con riferimento all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, che condizionano l’intera collettività in quanto agiscono sul costo della vita.
I combustibili fossili – soprattutto i prodotti petroliferi – continuano a predominare, incidendo per il 41% del consumo interno lordo, con un aumento dell’1,8% della disponibilità di energia da fonti rinnovabili, e una diminuzione, rispettivamente dello 0,9% e dell’1,3%, delle quote di gas naturale e di combustibili solidi. Sono alcuni dei dati principali che emergono dal quadro del sistema energetico italiano tracciato dall’Istat per il 2009. Tra i settori utilizzatori finali di energia, la quota più elevata (35,2%) nel 2009 è attribuita a quello degli usi civili; seguono il settore dei trasporti (32,2%) e quello industriale (22,6%). Per quanto riguarda la domanda di energia elettrica, pari a 317,6 miliardi di kWh, l’Istat segnala un calo del 6,4% rispetto all’anno precedente.
Il fabbisogno elettrico complessivo risulta soddisfatto per il 90% dalla produzione nazionale e per il 13,9% dalle importazioni nette di energia elettrica, che nel 2009 sono aumentate dell’11% rispetto al 2008 (mentre nel 2008 erano diminuite del 13,6%). Tra le varie fonti energetiche rinnovabili utilizzate nel settore elettrico, quella idrica ha la maggiore incidenza (70,4% sulla produzione totale da fonte rinnovabile), seguita dalle biomasse e dai rifiuti solidi urbani usati prevalentemente nelle centrali termoelettriche (11,5%), dalla fonte eolica e fotovoltaica (10,1%) e infine dalla geotermica (5,4%). Nel 2009 la quota da fonti rinnovabili è aumentata di 4,6 punti percentuali rispetto all’anno precedente (+4,8 punti percentuali rispetto al 2004), soprattutto grazie alla fonte idroelettrica (+3,4 punti percentuali rispetto al 2008 e +2,2 rispetto al 2004). Inoltre, rispetto al 2008 è salita di 1,1 punti percentuali la quota delle altre rinnovabili (eolico e biomasse, a seguire il fotovoltaico) e di 0,1 punti quella della geotermia. Per quanto riguarda la produzione termoelettrica tradizionale, si osserva un’incidenza sulla produzione lorda complessiva cha passa dall’81,2% del 2004 al 76,4% del 2009, a vantaggio della quota di rinnovabili la cui incidenza sulla produzione complessiva passa dal 18,8% del 2004 al 23,6% del 2009. Tra i combustibili impiegati per la produzione termoelettrica si conferma il primato del gas naturale che, nel 2009, è stato pari al 66,7% della produzione termoelettrica complessiva (53,9% nel 2004). Si riduce, inoltre, la produzione termoelettrica da carbone (dal 18,9% del 2004 al 17,9% del 2009) e soprattutto quella da prodotti petroliferi, passata dal 16,0% nel 2004 al 6,3% nel 2009 (-9,7 punti percentuali).

Noi e l’inquinamento
Le cause dell’inquinamento sono dovute principalmente agli autoveicoli, agli impianti di riscaldamento, le centrali termoelettriche, gli inceneritori e le industrie. In generale esistono diversi impatti ambientali dovuti a questi agenti inquinanti:
• L’inquinamento diretto danneggia la salute dell’uomo e delle altre specie viventi, in particolare gli ossidi di azoto in quantità elevate possono danneggiare l’apparato respiratorio, mentre il monossido di carbonio riduce la capacità di ossigenare i tessuti. Per alcuni composti organici volatili, come il benzene, si è accertata la cancerogenicità per l’uomo. Le polveri sottili hanno invece sia un effetto fisico sull’apparato polmonare, sia possono agire da vettori di piombo e composti organici volatili.
• Le piogge acide sono dovute principalmente a sottoprodotti delle centrali termoelettriche, di alcune attività industriali, degli scarichi di autoveicoli e degli impianti di riscaldamento domestico quali gli ossidi di azoto e l’anidride solforosa i quali interagendo con l’umidità dell’aria originano composti acidi che hanno effetti negativi sulla salute dell’uomo, sulla vegetazione, sulla fauna, e sui monumenti.
• Lo smog fotochimico proviene dall’interazione tra i raggi solari e gli ossidi di azoto e carbonio oltre che sui Composti Organici Volatili
• Il “buco dell’ozono” è causato soprattutto dagli ossidi d’azoto e dai clorofluorocarburi che riducono lo strato di ozono in stratosfera. Le radiazioni solari ultraviolette se non vengono schermate possono raggiungere il suolo e provocare alterazioni delle molecole di DNA (effetti mutageni e cancerogeni) alle diverse forme di vita.
• L’effetto serra è stato da sempre presente in natura: il vapore acqueo e l’anidride carbonica trattengono il calore che la terra riemette una volta assorbiti i raggi solari e permettono di mantenere la temperatura nella biosfera a livelli ottimali per la vita. Tuttavia l’aumento di anidride carbonica e di altri gas come il metano in atmosfera in quantità superiori alla loro normale presenza causa un aumento della temperatura nella temperatura che negli ultimi anni è osservato con sempre più attenzione: rispetto all’era preindustriale l’anidride carbonica è aumentata del 30%, il metano del 145%.