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Micro-celle fotosintetiche, energia pulita imitando la Natura

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Un team di scienziati canadesi ha sviluppato delle micro-celle fotosintetiche capaci di sfruttare l’energia elettrica sprigionata dalla fotosintesi dei cianobatteri

Fonte: rinnovabili.it

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l sogno di poter replicare con estrema efficienza la fotosintesi naturale scende di scala. A diminuire però non è l’ambizione o la portata dei progetti di ricerca quanto, piuttosto, la dimensione dei dispositivi che, nelle stanze della Concordia University di Montreal, in Canada, si fanno piccoli, anzi piccolissimi. Un team di scienziati del Laboratorio Bio Microsystem dell’Ateneo ha sviluppato delle micro-celle fotosintetiche capaci di sfruttare l’energia elettrica sprigionata dalla fotosintesi e respirazione tipiche delle piante.

Entrambi questi processi, che si svolgono nelle cellule vegetali, coinvolgono catene di trasferimento elettronico; e il concetto principale consiste nel riuscire a intrappolare esattamente a questo livello gli elettroni che vengono rilasciati dal processo fotosintetico, in questo specifico caso a carico dei cianobatteri; questo tipo di microorganismi, infatti, è in grado di svolgere la fotosintesi utilizzando una porzione più ampia dello spettro visibile di quella sfruttata dalle piante verdi grazie alla clorofilla. Il merito è di pigmenti aggiuntivi che permettono di raggiungere lunghezze d’onda ulteriori rispetto a quelle tipiche del verde. Le micro-celle fotosintetiche realizzate dal dottor Muthukumaran Packirisamy e dal suo team, sono costituite da una membrana a scambio protonico, da anodo e un catodo. La camera dell’elettrodo negativo è composta letteralmente da cianobatteri che rilasciano elettroni.

Per ora le prestazioni sono ovviamente molto ridotte: la cella fabbricata da Packirisamy e colleghi, è in grado di produrre una tensione a circuito aperto di 993 mV e una densità di potenza di 36.23W / cm2. Tuttavia, spiegano i ricercatori, tali valori possono essere aumentati, e il team fa sapere di star già lavorando sulla riduzione della distanza tra gli elettrodi e membrana di scambio e su un design del dispositivo che risulti più efficiente di quello attuale. Il lavoro, pubblicato nel numero di settembre 2015 della rivista scientifica TECNOLOGY, potrebbe portare a piccole applicazioni wireless o a Bio-MEMS, acronimo impiegato per indicare i nuovi sistemi microeletromeccanici biomedici o biologici.