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L’Idroelettrico non è senza emissioni: così le dighe ledono il clima

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Un studio avverte: i serbatoi delle grandi dighe contribuiscono all’1,3% delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’uomo. Ma l’IPCC non conteggia il loro contributo

Fonte: Rinnovabili.it

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Dal bacino amazzonico alle foreste boreali, e dal Mekong ai piedi dell’Himalaya, i più grandi fiumi del Pianeta sono stati presi di mira da un’interminabile sequela di progetti energetici. Il rinnovato impulso alle green energy proveniente dalla COP21 e dall’Accordo di Parigi, ha dato al settore idroelettrico una nuova legittimazione. Attualmente sono in fase di costruzione 3.700 nuove dighe a livello mondiale, 847 delle quali avranno una capacità di oltre 100 MW. Impianti a volte giganteschi, sostenuti praticamente a occhi chiusi, dai crediti di carbonio (CDM) delle Nazioni Unite e la cui produzione è etichettata come “energia verde”.

C’è chi, però, ha voluto vederci chiaro nell’impronta ambientale dell’idroelettrico. Un team di scienziati ha realizzato il primo studio sull’impatto globale dei grandi progetti idroelettrici, scoprendo che il comparto ha un peso non indifferente sul bilancio emissivo mondiale.

I bacini delle dighe contribuiscono all’1,3 per cento delle emissioni di gas serra di origine antropica. Valori su questa scala, spiegano gli autori, sono paragonabili a quelli provenienti dalla combustione della biomassa. Ma nonostante la loro grandezza, queste emissioni non sono attualmente conteggiati all’interno della valutazione del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) delle Nazioni Unite.

Lo studio, pubblicato su BioScience, ha valutato l’anidride carbonica, il metano e il protossido di azoto emessi da 267 serbatoi idroelettrici, per una superficie totale di 77.287 chilometri quadrati. Questi gas si formano sul fondo degli invasi grazie all’attività dei microorganismi presenti. Se nutrienti e materiali organici – in grado di sostenere le popolazioni microbiche e algali – sono abbondanti, le emissioni, in particolare quelle di metano, saranno più alte. È questo il caso, ad esempio, dei bacini delle dighe nelle forestali tropicali, o di quelli realizzati in regioni agricole produttive ad altre latitudini.

C’è un secondo aspetto da considerare. Il rilascio di emissioni è strettamente legato alle temperature delle acque: più sono calde, più l’attività microbica è promossa microbica e l’attività algale. Con le temperature terrestri in progressivo aumento, avvertono i ricercatori, si potrebbe innescare un “ciclo di feedback positivo”, che renderebbe il problema difficile da disinnescare. “Il nuovo studio conferma che i serbatoi sono i principali responsabili delle emissioni di metano, un gas serra particolarmente aggressivo“, ha detto Kate Horner, direttore esecutivo di International Rivers, aggiungendo che le dighe idroelettriche “non possono più essere considerati una fonte pulita e verde di energia elettrica”.