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In Toscana la geotermia emette circa la metà dell’ammoniaca rispetto all’agricoltura

ARPAT: le emissioni di NH3 legate alla coltivazione della risorsa geotermica sono crollate negli ultimi vent’anni, da 9.387 a 3.291 ton/anno

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ARPAT: le emissioni di NH3 legate alla coltivazione della risorsa geotermica sono crollate negli ultimi vent’anni, da 9.387 a 3.291 ton/anno


L’Inventario Regionale delle Sorgenti di Emissioni in atmosfera (IRSE) è una raccolta ordinata dei quantitativi di inquinanti emessi da tutte le sorgenti presenti nel territorio toscano – industriali, civili e naturali –, geotermia compresa.

L’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana (ARPAT) ha elaborato nei giorni scorsi un’analisi ragionata rispetto all’ultima edizione aggiornata dell’Inventario – IRSE 2017, che definisce anche gli scenari emissivi al 2022, 2025, 2027 –, prendendo in esame alcuni inquinanti principali: i composti organici volatili non metanici (CoVNM), gli ossidi di azoto (NOx), le particelle sospese <10 micrometri (PM10), gli ossidi di zolfo (SOx) e l’ammoniaca (NH3).

Tra tutti questi inquinanti, l’unico contributo evidenziato come rilevante per quanto riguarda la geotermia è in riferimento all’ammoniaca, un precursore dell’inquinamento da PM10.

Come spiega l’ARPAT, infatti, in Toscana «le emissioni regionali di ammoniaca sono originate principalmente da «le attività di produzione agricola (Agricoltura, 50%), la produzione di energia geotermica (Estrazione e distribuzione combustione ed energia geotermica, 28%), la combustione in ambito domestico, del settore terziario e agricolo di biomassa legnosa (Impianti di combustione non industriali, 13%), le attività di gestione dei rifiuti (Trattamento e smaltimento rifiuti, 5%)».

In altre parole, la coltivazione della geotermia – dalla quale arriva tanta elettricità da coprire circa un terzo della domanda regionale, oltre a importanti quantitativi di calore impiegato in modo diretto – contribuisce alle emissioni toscane di ammoniaca in misura pari a circa la metà rispetto a quella imputabile all’agricoltura.

Si tratta di un contributo emissivo peraltro in deciso calo nel corso degli ultimi decenni, mentre al contempo l’energia prodotta da fonte geotermica è continuata ad aumentare.

L’IRSE documenta infatti che le emissioni di ammoniaca dall’agricoltura sono diminuite dalle 12.214 ton/anno del 1995 alle 6.144 ton/anno del 2017, mentre quelle legate alla geotermia sono calate da 9.387 a 3.291 ton/anno nello stesso arco di tempo.

«La riduzione delle emissioni di ammoniaca è più evidente a partire dall’anno 2013 ed è principalmente connessa alla riduzione delle emissioni da produzione di energia geotermica e agricola», sottolinea l’ARPAT.

Questo naturalmente non significa che non ci siano ancora margini di miglioramento, come messo in evidenza anche da un recente studio condotto da ricercatori CoSviG, Università di Siena, CNR-ICCOM e CSGI, ma i più aggiornati dati scientifici a disposizione mostrano che mentre la produzione di elettricità da geotermia è quasi raddoppiata negli ultimi trent’anni, le collegate emissioni inquinanti sono già crollate, in particolare grazie agli investimenti nell’innovazione tecnologica (si pensi ad esempio alle centrali amiatine di Bagnore 3 e 4, dove sono stati installati impianti di abbattimento dell’ammoniaca, oltre ai tradizionali abbattitori AMIS ormai presenti in tutte le centrali geotermoelettriche toscane).