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Geotermia: le emissioni delle centrali toscane spiegate dai ricercatori dell’Università di Siena

Parisi e Basosi: «Molte delle questioni sollevate a proposito della geotermia sono infondate, o almeno ingiustificata ne è la risonanza mediatica attribuita»

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Parisi e Basosi: «Molte delle questioni sollevate a proposito della geotermia sono infondate, o almeno ingiustificata ne è la risonanza mediatica attribuita»


Le emissioni legate alle centrali geotermoelettriche presenti in Toscana sono puntualmente monitorate dagli enti pubblici preposti al loro controllo (come ARPAT), nonché oggetto di numerose pubblicazioni scientifiche: la mole di dati raccolti nel merito è significativa, ma da sola naturalmente non è sufficiente ad alimentare un dibattito pubblico di qualità e talvolta si presta a fraintendimenti.

I comitati della rete NoGesi, ad esempio, hanno recentemente divulgato alcuni dati relativi alle emissioni delle centrali geotermoelettriche toscane attingendo allo studio 2019 “Data analysis of atmospheric emission from geothermal power plants in Italy”, per avvalorare l’ipotesi che «la geotermia non sia rinnovabile e compatibile con salute e ambiente».

Nel merito, NoGesi afferma che «le centrali geotermoelettriche toscane, nonostante i filtri AMIS (Abbattitori Mercurio, Idrogeno Solforato, ndr), hanno emesso nel 2018: 2.961.119 tonnellate di CO2, 8.181 tonnellate di Acido Solfidrico,12.150 Kg di Anidride Solforosa, 7.510 tonnellate di Ammoniaca, 244 Kg di Arsenico, 250 Kg di Antimonio, 2.271 Kg di Mercurio, 43.348 tonnellate di Metano, circa 303 tonnellate di Monossido di Carbonio».

In realtà gli autori dello studio – Nicola Ferrara, Riccardo Basosi e Maria Laura Parisi, dell’Università di Siena – spiegano che i dati riportati da NoGesi sono tutti sovrastimati (tranne per l’arsenico) e soprattutto slegati dal contesto di riferimento.

A beneficio dei lettori riportiamo di seguito l’approfondimento in via integrale, a firma di Maria Laura Parisi e Riccardo Basosi.

I valori riportati dai comitati NoGesi sono sostanzialmente corretti per l’ordine di grandezza, anche se un po’ sovrastimati in alcuni casi.

Nella tabella seguente sono riportati i valori ricalcolati dal nostro collaboratore Nicola Ferrara (attualmente all’estero per l’attività del Dottorato) per le emissioni totali delle aree geotermiche toscane nel 2018, da cui è possibile evidenziare le differenze tra i valori riportati da NoGesi rispetto a quelli qui calcolati.

Valori delle emissioni totali connesse con la generazione geotermoelettrica in Toscana considerando il netto della produzione al 2018, come da report ARPAT

Analita

Calcoli UniSI

Dati NoGesi

Unità

H2S

7.144,39

8.181,00

t

CO2

2.500.954,74

2.961.119,00

t

SO2

10,91

12,15

t

NH3

6.078,12

7.510,00

t

As

0,24

0,24

t

Sb

0,24

0,25

t

Hg

1,85

2,27

t

CH4

31.654,29

43.348,00

t

CO

244,33

303,00

t

energia prodotta nel 2018

5.708,00

——–

GWh

 

Nonostante l’ordine di grandezza simile dei numeri, riportare questi valori in maniera sganciata dal dato relativo alla produzione globale netta dell’anno di riferimento è un’operazione discutibile.

L’effetto che si ottiene (sicuramente ricercato) è quello di generare scalpore utilizzando valori enormi, ma senza alcun tipo di correlazione con la natura degli impatti potenziali (globali, regionali o locali) e/o contestualizzazione rispetto al sistema analizzato.

Una modalità adeguata a discutere questi dati dovrebbe tenere conto del fatto che la geotermia in Toscana è in grado di soddisfare il fabbisogno elettrico del 30% della popolazione della regione, ovvero 1.120.000 persone, 365 giorni all’anno, 24 ore su 24!

Ed è l’unica fonte rinnovabile che ha questa fondamentale caratteristica di stabilità e rinnovabilità.

A questo riguardo, le informazioni riportate dai comitati NoGesi sulla presunta non rinnovabilità della risorsa non sono fondate su alcuna evidenza scientifica (e men che mai sui risultati dei nostri lavori).

La rinnovabilità è una proprietà della risorsa geotermica che è necessario perseguire attraverso un’attenta gestione della stessa, così come è avvenuto ed avviene tutt’ora per i campi geotermici toscani.

Inoltre, grazie al non indifferente contributo della geotermia (ed al momento dell’istantanea riportata nella figura sotto, anche del fotovoltaico in misura minore), il centro Italia è la regione con la più bassa impronta di carbonio del Paese (escluse le isole), con una produzione di 304 g CO2equivalenti per KWh prodotto, come riportato dal portale https://www.electricitymap.org.

L’immagine in basso, inoltre, si riferisce ad un orario di picco in cui è necessaria una grossa percentuale di elettricità da gas naturale per poter garantire il soddisfacimento della domanda. In questo modo è possibile apprezzare il contributo che la geotermia può dare nel mix energetico della regione.

Screenshot estrapolato dal portale electricitymap.org in cui viene mostrato l’intensità di carbonio della produzione elettrica nel centro-nord Italia il giorno 20 gennaio 2020 alle ore 15:45

Nel nostro lavoro pubblicato sul Journal of Cleaner Production nel giugno 2019 (per cui il processo di revisione è ben più severo rispetto a quello della rivista open access Data in Brief che viene presa come riferimento da comitati NoGesi), questo tema viene approfondito attraverso la formulazione di diversi scenari che consentono di mettere in evidenza quali sono i maggiori responsabili degli impatti.

A questo proposito è anche necessario ribadire il ruolo che ha l’AMIS (Abbattitori Mercurio, Idrogeno Solforato, ndr) negli impianti geotermici toscani.

Questo sistema viene troppo spesso richiamato in modo inappropriato: l’AMIS è un sistema di abbattimento delle emissioni selettivo ed efficace solo per selezionate sostanze, cioè l’acido solfidrico (per ridurre l’impatto odorigeno) ed il mercurio (metallo naturalmente molto abbondante nell’area di Piancastagnaio che viene abbattuto con notevole efficacia dalle centrali geotermiche).

Per quanto riguarda in particolare la questione dell’H2S, potremmo aggiungere che nelle aree geotermiche Toscane l’odore di acido solfidrico è limitato, come testimoniato dai campionamenti ARPAT secondo i quali il limite odorigeno dei 7 µg/m3 raramente viene superato.

Nelle comuni aree termali toscane, invece, l’odore di acido solfidrico è sensibilmente più forte, in alcuni momenti quasi insopportabile, ma non c’è nessun allarmismo, anzi, è opinione comune attribuire alle acque termali potenzialità benefiche per l’organismo umano.

In realtà molte delle questioni sollevate a proposito della geotermia sono infondate, o almeno ingiustificata ne è la risonanza mediatica attribuita.

Come scritto nei nostri lavori (ed in particolare nell’articolo pubblicato sul Journal of Cleaner Production nel giugno 2019) ogni sistema tecnologico è passibile di miglioramento, e questo vale anche per gli impianti geotermoelettrici in Toscana.

In questo settore, nel corso dei decenni si sono succeduti notevoli perfezionamenti: dai primi impianti a retro-pressione si è passarti ad impianti a flash che costituiscono oggi lo stato dell’arte per questa tecnologia e che presentano sistemi di abbattimento delle emissioni potenzialmente più pericolose.

Iniziano inoltre ad affermarsi nuove tecnologie a ciclo binario che permettono la reiniezione del fluidi incondensabili e che meritano di essere esplorate allo scopo di valorizzare una preziosa risorsa naturale minimizzando l’impatto.

Dal nostro punto di vista continuiamo a condurre ricerche per riuscire a calcolare nella maniera scientificamente più corretta gli impatti ambientali potenziali determinati dalle emissioni atmosferiche geotermoelettriche, con l’obiettivo della minimizzazione dei carichi ambientali e di supporto per l’eco-design di impianti esistenti e di progetti futuri.

Tutto questo senza nessun tipo di influenza da parte di soggetti esterni e mantenendo il rigore metodologico tipico delle discipline scientifiche e necessario per ottenere risultati che siano robusti, significativi e verificabili.

1Questo portale è sviluppato e mantenuto da Tomorrow, una piccola start-up francodanese. Si tratta di un progetto open-source basato su dati liberamente accessibili pubblicati da operatori di linea, agenzie ufficiali, università ed altri che ha come obiettivo quello di mettere a disposizione i dati delle intensità di carbonio per ogni unità di elettricità consumata (o prodotta) in tempo reale e a partire dai metodi di calcolo internazionalmente accettati (IPCC). Informazioni sul metodo sviluppato sono reperibili dal paper: Tranberg B., Corradi O., LajoieB., Gibon T., Staffell I., Andresen G.B.; Real-time carbon accounting method for the European electricity markets; Energy Strategy Reviews, Volume 26, 2019, 00367, https://doi.org/10.1016/j.esr.2019.100367