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Approccio sistemico per stoccaggio Co2 e gas naturali, geotermia, scorie nucleari. Una scuola a Erice

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L’uso del sottosuolo in aree densamente popolate, ai fini di produzione elettrica non emissiva di gas serra è un tema che non si sbaglia certo a definire prioritario per il nostro futuro.

Fonte: Blitz Quotidiano.it

Autore: Fedora Quattrocchi

Nel tema rientrano quelle a carbone pulito con cattura e stoccaggio di CO2 (CCS),  rinnovabili poco “space consuming” come la geotermia profonda, la nucleare di ultima generazione, per non escludere i depositi a gas naturale. A Erice, per l’edizione numero 34 del Corso della Scuola internazionale di geofisica, si è svolta una tavola rotonda, moderata dal giornalista Alessandro Farruggia, tra 15 esperti internazionali. Titolo preciso: “Densely populated settings: the challenge of siting geological facilities for deep geothermics, CO2 and natural gas storage, and radioactive waste disposal”, la sfida di trovare i siti per fonti geotermiche in profondità, stoccaggio di CO2 e gas naturale, eliminazione delle scorie nucleari, in un ambiente densamente popolato. In sala, 30 professori di geofisica e affini e 50 studenti da tutto il mondo, convenuti per questa “scuola”. La scuola è stata diretta da Fedora Quattrocchi, dell’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), che ha scritto per Blitz quotidiano questa cronaca.

Si è trattato della prima scuola internazionale al mondo su un approccio sistemico al problema del sottosuolo e del suo uso nel mondo di oggi. In pratica il nodo cruciale del nostro futuro: elevato è stato il dibattito, interessante lo scambio delle esperienze dall’Europa al Giappone, deludente l’interesse del mondo politico. A fronte del centinaio di scienziati presenti, dei molti politici invitati, solo l’Emilia Romagna ha mandato rappresentanti. Dal resto d’Italia silenzio. Per i nostri politici, forse, la demagogia è sufficiente e prevale sulla corretta informazione.

In apertura, ha dato un indirizzo ai lavori la posizione del presidente di Ingv, Enzo Boschi, direttore da 20 anni della Scuola internazionale di geofisica, che è importante l’approccio sinergico al problema dell’uso razionale del sottosuolo per motivi energetico-climatici, per avere un panorama aggiornato congiunto delle problematiche tecniche di ogni tipo di stoccaggio (gas e scorie di vario tipo) e di sfruttamento geotermico profondo.

Sostanziale è stata la convergenza sulla posizione di Boschi, nell’identificare positivamente l’approccio sistemico all’uso del sottosuolo ai fini di implementazione di tecnologie energetiche non emissive (soprattutto CCS, ma anche geotermia, nucleare e stoccaggio riserve strategiche di gas naturale), anche perché tutti hanno sottolineato come un simile approccio sia molto utile per arrivare alla accettazione da parte del cittadino medio di queste nuove tecnologie: concetto messo in luce soprattutto da Jordi Bruno dell’Università della Catalogna ed esperto in stoccaggi geologici gas e scorie nucleari.

Fabio Chiaravalli di SOGIN ha parlato del sottosuolo come “sistema” da conoscere e pianificare molto bene, prima di scelte irreversibili. Chiaravalli vede come maggiore ostacolo all’avvio delle nuove tecnologie energetiche non emissive, proprio la mancanza di un approccio sinergico all’uso del sottosuolo. Operano infatti in questo campo lobby diverse, non dialoganti, che si ostacolano ancora tra di loro, con danno reciproco (soprattutto nelle autorizzazioni ministeriali, lente e oggetto di ostacoli continui).

Stessa favorevole propensione all’approccio sinergico-globale da parte di Rosa Maria Domenichini, che rappresentava la Associazione Termotecnica Italiana, e fa parte della Foster Wheeler.

Il rappresentante del CEA (Commissariat d 1′Energie Atomique), il francese Berbard Frois, ha detto:  “E’ difficile collaborare operativamente e capire le problematiche delle altre lobby, ma l’approccio sinergico è quello giusto”. D’accordo è stato anche il rappresentante francese della geotermia Mikos Antiks.

Claudio Eva, ordinario geofisico dell’Università di Genova, ha sottolineato il problema etico della equità inter-generazionale, che passa però dall’approccio impostato dalla scuola internazionale: pianificare adesso anche per le prossime generazioni, e non lasciargli dopo scelte difficili irreversibili, come irreversibile e la destinazione di una singola struttura geologica profonda. “Parlando con la gente, essa può comprendere anche il problema delle scorie nucleari” ha concluso.

Su questo punto c’è da notare che è meglio comunque, innanzitutto, pianificare il sottosuolo ed unificare il quadro regolatorio, ora spezzettato in diverse direttive e con requisiti IAEA, per le scorie nucleari, un po’ obsoleti, vale a dire scritti quando gli stoccaggi gas e la geotermia profonda di media entalpia non esistevano ancora. Essi vanno pianificati nazionalmente più che regionalmente con un nuovo federalismo imminente, ricco di spunti polulisti, e poi semmai bisogna mantenere separate le problematiche di stoccaggio geologico di scorie nucleari, per lo meno nella comunicazione con il pubblico, mentre per l’impostazione geologica delle ricerche e certi approcci di modellistica e di monitoraggio geofisico e geochimico la scuola internazionale organizzata da me ha mostrato interessanti sinergie, soprattutto tra stoccaggio CO2, stoccaggio gas naturale e geotermia.

Per le scorie nucleari ad alta attività, in realtà sarebbe ancor meglio, in Europa, un sito geologico unico, da studiare presso i diversi Parchi Tecnologici Nucleari di superficie e non necessariamente dai cosiddetti URL (Underground Repository Laboratory). In Giappone, ha riferito Yoshihro Kinugasa del Tokyo Institute of Technologies, lo stoccaggio geologico per ora non è proprio previsto per le circa 50 centrali nucleari del paese: vi sono solo siti superficiali di stoccaggio, anche per le scorie ad alta attività, con l’idea, per ora, di rinnovare ogni circa 50-100 anni gli involucri ingegneristici (e non geologici) intorno alle scorie ad alta attività (HLW). Di fatto anche la SOGIN in Italia sembra per ora seguire serenamente la linea giapponese (e non a caso il Giappone ha forti analogie sismotettoniche con il nostro paese), enfatizzando la minimizzazione del volumi delle scorie nucleari HLW.

Giuseppe Forasassi, presidente del CIRTEN (Centro Interuniversitario di ricerca su tecnologie nucleari, che ha parzialmente sponsorizzato la scuola), ha sottolineato la necessità di armonizzare le scelte dei diversi stoccaggi e per quello nucleare, puntare su i “trattamenti di riduzione del volume” per le scorie HLW.

“Manca il coraggio dei politici alla pianficazione”, ha attaccato Jordi Bruno, serve un corretto approccio all’informazione del pubblico: però l’ordine di grandezza del problema è incomparabile ad esempio tra scorie nucleari e geotermia.

Per fortuna gli spazi necessari nel sottosuolo per le scorie ad alta attività sono molto limitati, come sottolineato dall’americano P. McGrail, co-direttore della Scuola internazionale di geofisica. In America, ancora dopo 40 anni di ricerca sul sito geologico sulle scorie nucleari, non vi è una risposta definitiva (Yucca Mountains è stato un fallimento ed è stato abbandonato dopo 13 miliardi di dollari spesi) mentre per stoccaggio gas e geotermia, non ci sono grandi problemi ad avviare massicciamente i progetti commerciali. In questo senso, sono pochissimi i legami tra scorie ad alta attività da una parte e stoccaggio geologico di gas e geotermia dall’altra.

Lorella Vargiu, rappresentante della parte industriale della tavola rotonda, la Raffinerie Sarde Saras,  ha sottolineato come sono soprattutto i politici locali e non quelli “nazionali” ad essere impreparati e disinformati

Il rappresentante della Fondazione sviluppo sostenibile, creata 2 anni or sono dall’ex Ministro dell’Ambiente, Edo Ronchi, alla tavola rotonda ha si apprezzato l’aspetto “sistemico” proposto, ma ha messo in luce la necessità di evidenziare al cittadino un “ritorno economico” per la locale comunità di un eventuale sito di stoccaggio gas nel proprio territorio. Sullo stoccaggio scorie nucleari, la Fondazione è ovviamente più favorevole al deposito superficiale (il Parco Tecnologico Nucleare della attuale legge in corso, per capirci) che non a quello definitivo geologico profondo, su cui però deve continuare la ricerca al livello europeo, per un eventuale sito geologico condiviso internazionalmente. Faccio presente che anche io sono tra gli esperti scelti da tale fondazione e condivido le sinergie decisionali su geotermia, CCS, mentre sul nucleare io dare più fondi per la ricerca rispetto ad altri rappresentanti di tale fondazione.

Anche la NGO sociologica “Laboratorio di Scienza della Cittadinanza”, rappresentata da Gabriele Quinti, nell’aula S. Domenico di Erice, dove tanti accordi bilaterali scientifici sono stati presi nel passato, apprezza notevolmente l’approccio sistemico della scuola internazionale di Enzo Boschi, facendo notare il parallelismo di questo approccio con quello già usato con il territorio di superficie, anch’esso scarso e densamente popolato. Egli ha evocato un approccio territoriale integrato dunque sia sotto che sopra la terra per i diversi “pubblici” quali attori variegati e sociologicamente disparati. La parola “acceptance” può però a suo parere assumere una connotazione negativa di “supina accettazione” mentre sarebbe meglio parlare, anche secondo me di “public awareness and accountability” intesa come “presa di coscienza e di responsabilità pubblica”. Essa deve necessariamente essere seguita dalla “ownership” intesa come presa di possesso di una parte della proprietà dello stoccaggio stesso nel sottosuolo, come necessaria conseguenza di uno stile di vita non privo di conseguenze, non spiacevoli, ma comunque associate ad un certo rischio (molto limitato in ogni caso rispetto ad altre tecnologie, come uso delle autovetture, delle moto o industria chimica).

Circa i maggiori ostacoli tecnici e sociologici all’uso condiviso del sottosuolo a fini energetici sono da considerare: 1) l’accettazione pubblica e la comunicazione verso il pubblico (i “pubblici” diversi in grado di studio, percezione, ruolo, etc… ha sottolineato Gabriele Quinti) come primario mezzo per convincere la gente della necessità dell’uso del sottosuolo. Tala mancanza di “public acceptance” o meglio abbiamo detto “public awareness” blocca ogni forma di sviluppo delle nuove tecnologie e questo è stato un parere molto condiviso nella tavola rotonda. “Il fatto che in Francia non si sia demonizzato il nucleare ed in tutti gli altri paesi europei si, è solo un fatto di comunicazione del problema alla gente, perché le tecnologie in gioco sono le stesse”, dice Frois dela CEA.La Spagna insegna tanto nel campo della accettazione pubblica del CCS, mentre situazione opposta è stata messa in luce durante la scuola per la Germania, da Gabriela Von Goderne, tra i massimi esperti del settore in quel paese.

2) Rischio-responsabilità (liability, accountability) alla scala commerciale dei progetti di stoccaggio di qualsiasi natura è la prima problematica da considerare soprattutto per me e Rosa Maria Domenichini della Associazione Termotecnica Italiana. Si rischia di lavorare in stato di emergenza (come per i rifiuti di Napoli!) senza la necessaria prevenzione e questo rischia di essere vero anche per la scelta di una destinazione o l’altra delle poche strutture geologiche idonee del nostro sottosuolo”. Unico ed irreversibile nella sua destinazione, per decine di migliaia di anni. Chi paga in caso di errore ? Dopo l’esperienza devastante per l’ambiente della piattaforma della British Petroleum nel Golfo del Messico, questa deve essere la prima domanda per i decisori.Orma i geologi conoscono quasi tutto del sottosuolo di una regione e quindi perchè non fare un catalogo ragionato con più destinazioni d’uso razionalizzate?”

3) Grande responsabilità è dei giornalisti, soprattutto per il rappresentate giapponese della tavola rotonda, Kinuagasa. Si pensi alla pubblicazione di una carta vecchia di 10 anni prima, su un quotidiano italiano,la scorsa settimana, subito dopo la scadenza per legge per la SOGIN, il 23 settembre 2010, di produrre una “carta per le aree idonee al deposito di superficie per le scorie nucleari”. Il giornale ha pubblicato la vecchia mappa, tra l’altro senza specificare, se si parlava del deposito di superficie o di quello profondo geologico per le scorie ad alta attività.

4) Per Forasassi, tra i pochissimi professori ordinari che ancora insegnano nucleare in questo paese, l’ostacolo principale alla armonizzazione del sottosuolo è di fatto la qualità dei politici, peraltro assenti dalla tavola rotonda. Nessun partito politico cavalca la problematica degli stoccaggi pur sapendo che le centrali elettriche, vadano esse a carbone, a gas, a nucleare o geotermiche, usano sempre e comunque il sottosuolo. Questa ipocrisia deve finire: con l’avvicinarsi delle elezioni scompaiono impegni come la definizione per l’Autorità di Sicurezza Nucleare, le tasse che servono anche a finanziare la ricerca pubblica su queste cose, la presenza politica ai consessi su temi “caldi” a meno di non stare dalla parte di frange populiste che arricchiscono di numero di votanti.

Emblematico il caso della Spagna, ha raccontato Jordi Bruno, della Università della Catalogna: la non accettazione del deposito scorie nucleare (nonostante già esiste ad El Cabril! ndr) è solo un fatto politico, e molto meno di natura tecnica.