La Commissione Europea ha presentato recentemente una proposta per rivedere gli obiettivi del pacchetto clima-energia dopo il 2020, fissando al 2030 la riduzione del 40% delle emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990, e innalzando la quota di fonti rinnovabili al 27% del totale dei consumi; target vincolante a livello europeo, ma senza impegni numerici ripartiti tra i singoli Paesi.
Una scelta motivata, come ha spiegato il Presidente della Commissione UE, Josè Manuel Barroso, dalla volontà di «lasciare ai governi margini di flessibilità», ma che potrebbe mettere a repentaglio lo stesso raggiungimento dell’obiettivo comunitario.
Le imprese big dell’energia tradizionale obiettano che questi target sono irraggiungibili a livello europeo e chiedono di rivedere al ribasso sia gli obiettivi che gli incentivi per le rinnovabili; invece le imprese impegnate nel loro sviluppo chiedono obiettivi vincolanti a livello nazionale.
Nell’ambito del “2030 EuropeBusiness”, tenutosi martedì 11 febbraio a Bruxelles, gli amministratori delegati di Acciona Energia, Alstom, Enercon, ERG Renew, RES Med e Vestas in rappresentanza di altre 91 aziende e organizzazioni hanno infatti chiesto alla Commissione di rendere vincolanti gli obiettivi fissati dal nuovo pacchetto clima-energia e di portare il tetto delle rinnovabili almeno al 30%.
«Salutiamo con piacere l’impegno della Commissione europea a perseguire una politica energetica e ambientale per il periodo post-2020 che prevede un obiettivo relativo alle energie rinnovabili» hanno spiegato le aziende.
«Ecco perché incoraggiamo i capi di stato e di governo dell’Unione a sostenere la richiesta del Parlamento europeo di obiettivi nazionali vincolanti per le energie rinnovabili», alzando dunque il target annuo ad almeno il 30%.
«In questo modo – sostengono – si contribuirà ad aumentare l’occupazione dell’Unione europea, la sicurezza energetica e la leadership tecnologica».
Il rialzo del target delle energie rinnovabili potrebbe – secondo le aziende – potrebbe favorire la creazione di 570.000 nuovi posti di lavoro e consentirebbe di risparmiare ben 260 miliardi di euro per le importazioni di combustibili fossili.
«Il rischio è che non vi sia da parte dei paesi l’interesse nazionale a raggiungere l’obiettivo europeo» ha spiegato Jean-Marc Armitano, amministratore delegato di RES Mediterranean, una società specializzata nell’eolico e Massimo Derchi, amministratore delegato di ERG Renew ha dunque indicato la necessità di «una governance europea molto più stringente per evitare di assistere a una rinazionalizzazione delle politiche energetiche».
Le aziende delle rinnovabili europee insistono inoltre sulla necessità di un quadro legislativo chiaro, sicuro e trasparente per permettere alle aziende di investire sulle rinnovabili, un settore che richiede impegni economici sul lungo periodo, mentre l’instabilità che si è creata in alcune paesi, che hanno rinegoziato o abolito gli incentivi già previsti, non crea la cornice adeguata per gli investimenti.
Le compagnie energetiche delle rinnovabili insistono anche sulla necessità di mantenere gli incentivi – che dovrebbero essere introdotti in ogni paese – per intraprendere la fase di transizione fino al 2030 per poi portarli verso una graduale cancellazione entro il 2050.



















